Di Dimitri Buffa – Oggi, 18 maggio 2013, sono esattamente 25 anni da quando la tua morte (provocata per il tramite di un tumore maligno da quella parte della magistratura italiana che con il proprio protagonismo politico ed esistenziale adesso ha infettato l’Italia tutta) gettò un intero Paese nello sconforto e nella disperazione.

Il problema delle riforme della giustizia, oggi come allora, sembra camminare quasi solo sulle spalle del partito di cui fosti il presidente più amato: il Partito radicale.

E anche nell’Italia del terzo millennio gli altri partiti politici non hanno il coraggio di guardare alla condizione carceraria come a una infrastruttura che non funziona e getta l’Italia nel discredito a livello europeo, con centinaia di condanne della Corte dei diritti dell’uomo, e oramai mondiale.

In questo triste giorno andrebbe ricordato un atto che si commenta da solo di cui fu protagonista, il 23 ottobre 1984, l’Anm.

Che, invitata a partecipare a un convegno a Strasburgo dagli stessi Radicali, con Tortora da poco eletto al parlamento europeo e da poco dimessosi e fattosi riarrestare per potere partecipare da cittadino qualunque al processo che di lì a poco sarebbe iniziato a Napoli, ritenne non solo di declinare tale invito che giungeva dallo stesso Parlamento europeo, ma anche di emettere un comunicato in cui si stigmatizzzava la relazione dell’ex esponente del Pr Mauro Mellini, ritenuta delegittimante e infamante contro la magistratura in generale e i colleghi napoletani che avevano imbastito il caso Tortora in particolare.

Gli stessi che nonostante i loro macroscopici errori vennero difesi corporativisticamente dall’Anm e poi dal Csm e che alla fine fecero una bellissima carriera all’interno del dorato mondo della “ultracasta” in toga. Un mondo in cui, nonostante il referendum Tortora del 1987, vinto con oltre l’80% degli italiani favorevoli alla responsabilità civile diretta del magistrato che commette errore grave, ancora oggi chi sbaglia non paga.

Ecco un ampio stralcio delle parole di Tortora dell’epoca così come riportate da Radio radicale, per commentare lo sdegnato rifiuto degli esponenti del sindacato dei giudici di partecipare a quel convegno emblematicamente intitolato alla giustizia sul “caso Italia”:

“… ho chiesto da parlamentare radicale a Strasburgo, per rispetto alla magistratura del mio Paese, di essere privato dell’immunità. E’ da notare che un analogo atto non dico di cortesia – il mio è un atto dovuto, io devo essere cittadino tra i cittadini – ma di incontro per guardarsi francamente negli occhi e dirsi che cosa sta succedendo in Italia, vedendo che l’Associazione nazionale dei magistrati lo evita, io ne traggo poco buoni auspici per il futuro del nostro Paese.

Non si esce da questo vicolo cieco dell’immeschinimento. La stampa oggi offre direi delle macroscopiche occasioni di dimostrare quello che in certi casi, quando è assatanata contro i radicali, quando è animata non dal desiderio di informare razionalmente ed è in preda ai furori isterici dell’odio, diciamo pure dell’odio e del pregiudizio antiradicale.

Lo abbiamo sotto gli occhi. Io da Strasburgo leggo su Strasburgo cose che non sono mai avvenute. Io da Strasburgo leggo di scandali che non ci sono stati. Io leggo di deformazioni che sono gravissime. Il “caso Italia” è questo. Potremmo addirittura dire che le relazioni dotte, perfino quelle dei magistrati, sono state applaudite, badate…forse questo lo sentite dire unicamente da me o da noi.

Tutti i magistrati che a titolo personale sono intervenuti dopo la scomunica dell’Associazione hanno parlato in piena tranquillità, hanno detto cose che ovviamente in parte possono non coincidere con l’opinione degli altri. Io credo che le riforme vadano avanti con i confronti e non con le fughe. Il credo che i cambiamenti vadano avanti guardando in faccia tutti gli aspetti del problema, non sottraendone uno in nome di una suscettibilità offesa. E allora si ripropone, in un campo molto più delicato, il clamoroso, ridicolo fenomeno della beffa delle pietre di Modigliani a Livorno, no?!

I critici, per fortuna non hanno ancora – i critici d’arte – il diritto di mandare la gente in galera. Se continua così, l’avranno, suppongo.

Ma se una corporazione, qualunque essa sia, si chiude acriticamente a riccio di fronte alla possibilità di un confronto…E non vedo come si possa operare un confronto nel campo della giustizia senza interpellare quella componente essenziale che sono i magistrati del cui impegno nessuno ha mai dubitato, della cui solitudine nessuno ha mai dubitato. Ma ci è consentito pensare anche un po’ alla solitudine dei cittadini che spesso sono travolti dal male, dai malesseri di questa giustizia sfasciata, che commette più, diciamolo pure, delitti e danni. Una giustizia, una macchina della giustizia sfasciata che non una macchina della giustizia efficiente.”

Per la cronaca Tortora quando parla di “cose mai avvenute” si riferisce alla montatura meditaica che fu fatta su una comparsata di Oreste Scalzone. Che profittò del proscenio per fare i soliti proclami contro l’Italia definendosi perseguitato politico. I giornali montarono la cosa e nascosero il resto del convegno.

Come se il tutto fosse stato organizzato per dare spazio a Scalzone e non al caso Tortora che era ieri come oggi il “caso Italia”.

Anche queste parole di Enzo Tortora ci provocano il rimpianto e la malinconia per la mancanza oggi di un uomo politico della sua onestà intellettuale.

L’Italia di oggi è persino peggiore di quella in cui lui lottò sino alla morte, coi microfoni di Radio radicale sempre accesi a via Piatti 8 a Milano, per una giustizia giusta.

Noi non ti dimenticheremo mai amato Enzo Tortora.