I motivi per i quali Ambrogio Crespi è trattenuto in regime di custodia cautelare erano legati a una normativa introdotta dal decreto sicurezza Maroni-Alfano del 2009 che definiva in maniera abbastanza imprecisa la presunzione di pericolosità sociale per reati associativi di mafia.

La sentenza 57 ridefinisce il quadro normativo nel senso di escludere l’obbligo di custodia cautelare in carcere pur in presenza di riscontrate esigenze cautelari che come noto consistono nel pericolo di fuga, nel pericolo di inquinamento delle prove, nel pericolo di reiterazione dei reati specifici.

Ora nel caso di Ambrogio, il pericolo di inquinamento delle prove non può più oggettivamente esistere essendo concluse le indagini preliminari, il pericolo di reiterazione dei reati non può obiettivamente essere ritenuto esistente, non foss’altro perché non ci sono elezioni in vista e quanto al pericolo di fuga lascio a ciascuno la possibilità di valutarlo e di ritenerlo seriamente e concretamente esistente.

Ciò nonostante anche a voler ritenere, e non si sa come, sussistente una di queste esigenze cautelari, per la Corte Costituzionale la custodia in carcere, nel caso sia applicata, deve essere effettivamente l’unica misura adeguata e in tal senso i giudici debbono compiere una rigorosa valutazione, altrimenti – ed è questa la novità introdotta dalla sentenza 57 – debbono trovar spazio altre misure meno afflittive a partire dagli arresti domiciliari.

La Corte Costituzionale in modo perentorio ha ritenuto addirittura anticostituzionale l’articolo 275 del Codice di Procedura Penale, Comma III, periodo II nella parte in cui con riferimento a reati aggravati dal famigerato articolo 7 – l’aver agevolato pur non facendone parte, le consorterie criminali mafiose – del decreto sicurezza del 2009, imponeva l’obbligo della misura della custodia cautelare in carcere quale unica possibile.

Sulla base di questo scenario gli avvocati, Marcello Elia e Giuseppe Rossodivita, – pur fermamente convinti tanto dell’assenza dei gravi indizi di colpevolezza, quanto dell’assenza di qualsivoglia seria e concreta esigenza cautelare – sono andati ad aprire un dialogo, un confronto, con il Pubblico Ministero che, pur fermo sulle sue posizioni, ha trovato ragionevoli gli argomenti della difesa.

Sulla base di questo dialogo si è stabilito di presentare un’istanza di richiesta di attenuazione del regime di custodia cautelare, accertato che l’orientamento del Pubblico Ministero non era pregiudizialmente ostile e che comunque avrebbe dovuto confrontarsi con gli altri componenti del pool in quanto questa vicenda non riguarda il caso specifico ma un atteggiamento più generale delle Procura rispetto a questi casi.

Ora attendiamo il suo parere e la decisione che spetta al gip in relazione a questa vicenda dopo sei mesi di carcerazione preventiva che allo stato delle cose appare quanto meno discutibile.

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