Certo il pianto della Prestigiacomo non fu consegnato alle dirette televisive, la sua drammaticità restò nell’intimo del Consiglio dei ministri. Del resto il motivo delle lacrime dell’ex ministra appare meno drammatico: le quote rosa, benché importanti, non possono essere paragonate all’azzeramento delle pensioni di anzianità.

Il pianto di Elsa Fornero rompe, invece, la sobrietà di questo Governo offrendosi ad un piano inclinato tutto emotivo. Resta l’inevitabile icona di un ministro costretto ad applicare una norma che non condivide e cede al pianto anziché alle dimissioni. Resta una rappresentazione un po’ sovietica che scavalca la sobrietà e ci consegna un clima da film dell’orrore. Restano le solite parole vuote e svuotate come equità ma pagano i lavoratori, i pensionandi. Pagano direttamente o indirettamente coloro che producono reddito, non certo chi detiene patrimoni.

Parole vuote come sviluppo: non si capisce come si possa ottenere in un clima di lacrime e sangue, dove l’opinione pubblica viene ricattata dallo spauracchio del fallimento del disastro. Restano i gesti plateali e demagogici di chi rinuncia al compenso per offrire il proprio sacrificio in cambio di quello degli altri. Resta l’applauso euforico delle borse e lo spread che scende.

Io non ci casco. Monti ormai sembra sempre più un curatore fallimentare che un presidente del consiglio e allora bene fa la Fornero a piangere anche se non sarà la sola!