Di Biagio Marzo – C’e’ chi sale e chi scende. La fiducia degli intervistati ai singoli Presidenti di regione potrebbe essere rappresentata da una scala a pioli su cui sono, gerarchicamente, disposti tutti, da Luca Zaia a Ugo Cappellacci.

Nell’arco di tempo di un mese: da giugno a luglio, nell’indagine condotta da Fullresearch in collaborazione con Crespi Ricerche, il Presidente del Veneto passa dal 57,6% al 59,7 (+ 2,1%) scala la cima arrivando alla vetta, quello della Sardegna rimane, invece, il fanalino di coda e sempre piu’ giu’ ( dal 47,3% al 45,2%, – 2,1%) e di questi giorni, nel 2009, era addirittura in torno al 53%. Paga per il suo coinvolgimento nelle indagini giudiziarie sull’eolico i cui protagonisti sono ora una parte in carcere e il resto sotto inchiesta. Parliamo della cosiddetta P3 in cui sono coinvolti faccendieri , politici, magistrati e colletti bianchi. L’ultimo della lunga serie avvisato e’ il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo.

Come i birilli e per cause diverse le une dalle altre, sono caduti gli uomini di governo: Scajola, Brancher e Cosentino. Idem per Caliendo? Sotto questi chiari di luna, non e’ stato un bel periodo per i Governatori che hanno indossato elmetto e moschetto per cercare la sfida contro un avversario piu’ duro di loro, il Ministro dell’economia. Gli strali son volati, da una parte e dall’altra, senza morti e feriti, fortunatamente. E cosi’ mentre a Roma si discuteva Sagunto bruciava. Nel senso che mentre si discuteva sulla manovra economica anticrisi, le sedi dei governi regionali si infiammavano, perché si opponevano ai tagli di spesa, minacciando, persino, di restituire allo Stato le loro competenze, dai trasporti all’ambiente. Insomma, sono scesi in campo e hanno protestato duramente contro i “pesanti sacrifici” chiesti alle Regioni.

Tuttavia, Giulio Tremonti emulo di Quintino Sella e’ stato inflessibile con i governatori, mentre a Palazzo Chigi si discuteva per trovare una via d’uscita: da un lato, per non finire come la Grecia, dall’altro, per varare una manovra soft, non a spese dei contribuenti. Due vie impraticabili: o mangi questa minestra o salti quella finestra. A Roma, adesso brucia il Pdl, per lo scontro in atto tra Berlusconi e Gianfranco Fini, il cui esito e’ del tutto incerto. Intanto, i governi regionali alla bell’e meglio stanno tirando la carretta. Anche per loro la festa e’ finita, per cui, nel bene e nel male, dovranno stringere la cinghia.

Tra i governatori chi punta in alto, usando come trampolino di lancio la Regione, e’ Nichi Vendola, governatore della Puglia ( dal 50,9% di gradimento e’ passato al 53,5%, piu’ 2,6%). Si e’ autocandidato alla premiership delle prossime politiche, 2013, salvo elezioni anticipate, scatenando gli umori del Pd. Per la verita’, c’e’ una parte che lo sostiene e un’altra ha messo, viceversa, i cavalli di Frisia per bloccarlo. Per esempio, Veltroni e’ a favore della sua candidatura, mentre la maggioranza attorno al segretario Bersani e’ contraria, cosi’ come la componente ex Dc di Fioroni. Si vedra’. Ma e’ indubbio, per dirla alla Vendola, che e’ una candidatura che “spariglia” i giochi e punta in alto.

Non e’ il solo governatore meridionale che sale, di pari passo, salgono, anche se in modo molecolare, il Presidente della Calabria, Giuseppe Scopelliti ( dal 57,4% al 57,5% , piu’ 0, 1%), e con ben piu’ sostanza quello della Sicilia, Raffaele Lombardo (55,2% al 56,5%, piu’ 1,3%). Insomma, le Due Sicilie volano alte, nonostante il governatore siciliano sia da mesi al centro di vicende giudiziarie e politiche. Ma Lombardo ha il dono di muoversi su fatti concreti e sa come comunicarli. E quindi non va giu’, anzi, sempre piu’ su. La sua coalizione, nel corso degli anni, ha cambiato pelle, cosi’ come e’ cambiato il panorama dei partiti. Che sono divisi come una mela, tanto quelli che di maggioranza quanto quelli di opposizione. Una seria forza centrifuga li ha attraversati e, ora, una forza centripeta ne sta raccogliendo alcune parti attorno a Lombardo. La Sicilia laboratorio. E a questo laboratorio sta guardando attentamente Roma, in un momento di grande crisi sistemica. Oramai nulla e’ piu’ come prima e la Sicilia e’ la cartina di tornasole di un processo che, di riffa e di raffa, sta coinvolgendo il quadro nazionale.

Chi cala, seppur in maniera contenuta, nel Mezzogiorno e’ Stefano Caldoro (dal 51,4% al 50,6%, meno 0,8%). Ma e’ un calo che appare “fisiologico” a fronte degli assalti che ha dovuto subire in queste ultime settimane. Vicende pregresse, manovre per non farlo candidare. Una storiaccia venuta alla luce con l’inchiesta sulla P3 e con cui lo si voleva distruggere con dei dossier confezionati all’interno del suo stesso partito. Un classico da cannibalismo politico, inedito e infame nel suo genere. In fase calante, ben di piu’ di Caldoro, e’ il Presidente della Basilicata, Vito De Filippo (al 57,1% al 56,0%, meno 1,1%). Ma anche qui, se vogliamo dirla tutta, appare un calo fisiologico che non sembra intaccare la fiducia che nutre in lui il popolo lucano. Di poco cala pure Michele Iorio, governatore del Molise ( dal 48,9% al 48,6%, meno 0,3%). E’ vero che la fiducia dei molisani decresce in modo insignificante, ma deve pur fare attenzione, perché qui e’ ben sotto ormai la soglia del 50%. Nel Settentrione e nel Centro Italia, i Presidenti delle regioni godono di un alto gradimento, sebbene ci siano anche li’ degli alti e bassi. Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, pur avendo tanta fiducia dei suo corregionali, ha subito un calo ( dal 60,3% al 58,4%, meno 1,9%) da leggere in filigrana, per una serie di vicende in cui lui personalmente e’ stato invischiato. Altresi’ alcuni suoi assessori e funzionari della Regione sono stati indagati e arrestati. Non se la passa bene, ma Formigoni ha le carte in regola per risalire la china.

Per i restanti governatori, che godono la fiducia, in modo diverso l’un dall’altro, dei loro corregionali, va da sé che tutto va bene madama la marchesa: da Vasco Errani dell’Emilia e Romagna (dal 54, 6% al 57,1%, + 2,5%) un aumento cospicuo sui riflessi di immagine per la veste alfiere della battaglia anti-Temonti, a Catiuscia Marini dell’Umbria (dal 54,1% al 54,8%, piu’ 0,7%) e da Ernesto Rossi della Toscana (dal 55,1% al 55,3%, piu’ 0,2%) a Claudio Burlando della Liguria ( dal 49,5% al 50,1%, piu’ 0,6%).

Renata Polverini, presidente del Lazio che era partita con un passo incerto, ha acquistato, in poco tempo, un passo da cavallerizza passando dal 52,2% al 53,4% (+1,2%). Non e’ facile, naturalmente, il suo compito, ma, politicamente, ha fatto alcune mosse da non sottovalutare: non chiudendosi a riccio, ha aperto il dialogo in modo bipartisan, con il Pd. Chi critica la maggioranza di governo della regione dell’Abruzzo sulla ricostruzione dell’area terremotata e sul suo modo di governare, in particolare sulla sanita’ da sempre la pietra dello scandalo, dovra’ stare attento a non avere un effetto boomerang.

Prova ne sia la contestazione degli abruzzesi nei confronti di Bersani in delegazione all’Aquila. Giovanni Chiodi sale di decimali, restando al di sopra della soglia del 50% (dal 51,6% al 52%, piu’ 0,4%). Chi scende e’ Renzo Tondo presidente delle regione Friuli e Venezia Gliulia ma anche in questo caso e’ un calo minimo (dal 49,7% al 49,5% , – 0,2%). Cosi’ come il governatore delle Marche, Gian Mario Spacca, subisce un calo, assolutamente insignificante (dal 50,6% al 50,5%, meno 0,1%). Un discorso a parte merita Roberto Cota neo presidente del Piemonte. Da quando ha assunto la carica, la sua elezione e’ stata contestata con i ricorsi presentati dagli sconfitti guidati dall’ex presidente Mercedes Bresso. Una situazione anomala che fa stare il governatore sul piede di guerra, dato che il risultato delle scorse elezioni potrebbe essere ribaltato per via giudiziaria. Intanto, il Consiglio di stato ha rigettato il ricorso, presentato in via cautelativa dal presidente della Regione in carica contro la sentenza del Tar del Piemonte del 16 luglio, con cui si disponeva il riconteggio di 15mila schede elettorali delle scorse regionali. Via libera, dunque, alla verifica delle 15mila schede elettorali delle liste “Al centro con Scanderebech” e “Consumatori”, liste contestate dai ricorrenti di centrosinistra. Il Consiglio di Stato, pero’, ha precisato che la verifica dei voti “deve essere effettuata col contraddittorio tra le parti” e, come previsto, “rinvia ogni statuizione sul merito”. Nonostante questa querelle, Roberto Cota ha la fiducia dei piemontesi, passando dal 50,1% al 52,7%, (+ 2,6%). Insomma, con le carte bollate non si vince!