Sono le 12.31 del primo marzo, suona il telefono. Mi capita spesso di non fare in tempo a rispondere, lo controllo. E’ Bobo Craxi, il mio amico. Forse vuole pranzare insieme, forse vuole commentare qualche tristezza politica contemporanea o semplicemente salutarmi.

Lo richiamo: al solo “ciao” capisco che c’è qualcosa che non va. La voce spezzata, mi dice “E’ morto Lucio”. E poi un silenzio: né io né lui riusciamo a dire una parola in più, aggiungere una nota di circostanza, una di quelle banalità che in questi casi aiutano. “Ci ha lasciato un poeta”, “era un grande artista”, “era il più bravo”, “ci mancherà”. Niente, un silenzio quasi interminabile.

Lucio se ne è andato senza avvisarci, senza un preavviso, un segnale, una premonizione; senza una malattia, un disagio. Così “paff… bum/ un tuffo in fondo al cuore/ è stato all’improvviso”.