Di seguito l‘articolo di Dimitri Buffa su L’Opinione in merito alla decisione della Cassazione dello scorso venerdì.

Ambrogio Crespi resterà in carcere. Così ha stabilito la Cassazione lo scorso 8 marzo. Giorno della mancata requisitoria femminista nel processo Ruby a Milano. C’è da chiedersi perché un imputato, per giunta incensurato, di concorso esterno in associazione mafiosa su cui si stanno liquefacendo tutti i sospetti dell’accusa debba restare comunque in carcere oltre cinque mesi in attesa di giudizio con l’avallo, da ultimo, anche della suprema corte di cassazione, ma sono in pochi a farsi la domanda. Il caso di Ambrogio Crespi e quello che Pannella e i Radicali chiamano “il caso Italia”, come si vede, coincidono. Se Bersani fosse veramente una persona seria, e non un politico disperato alla ricerca dell’ultimo giustizialista grillino eletto al Senato che parla, avrebbe fatto di questa storia, anche di questa storia, una bandiera e una battaglia di civiltà esattamente come accadde ai radicali con il caso Tortora quando promossero e vinsero, contro tutto e tutti, il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati per colpa grave e dolo eventuale.

I tempi purtroppo sono cambiati ulteriormente in peggio e oggi come oggi anche dal Pdl sono molto timidi gli appelli a scarcerare quello che la legge considera come un innocente fino a prova contraria. E a sentenza definitiva. Le inchieste oggi “si narrano” con le intercettazioni mentre ai tempi di Tortora le “narravano” i pentiti in cerca di una legge che li accreditasse e premiasse. Se una volta c’era il “convergere” del molteplice oggi ci si accontenta di intercettazioni che ne inverano altre, magari ad anni di distanza. L’impianto accusatorio del caso drammatico che si sta consumando nella totale ignoranza da parte della pubblica opinione è tutto qui. Il “non detto”, Pannella in realtà lo affermato sarcasticamente durante una conferenza stampa di un mese fa, di tutta questa vicenda è che Crespi Ambrogio non viene difeso dai media e guardato con sospetto dai magistrati (non solo della pubblica accusa dopo il rigetto della sua scarcerazione lo scorso 8 marzo anche da parte della cassazione penale, sezione seconda, giudici Carmenini, Gentile, Casucci, Gallo, Davigo) in quanto berlusconiano doc.

O presunto tale, essendo il fratello del noto sondaggista Luigi Crespi, che in effetti del Cav anni orsono fu lo spin doctor. “Semel Berlusconianus semper berlusconianus”, ragionano oggi quelli che chiedono in appelli ai grillini di appoggiare governi del Pd che facciano leggi che sequestrino i patrimoni dei “sospetti evasori fiscali”, e tanto basta. Pazienza poi se il principale capo di accusa a carico di Crespi, il reato che sostanzierebbe la conseguente etichetta di “concorrente esterno” nella ‘ndrangheta lombarda, ossia la compravendita di voti a favore dell’assessore regionale della ex giunta Formigoni, Domenico Zambetti, sia per formale ammissione del pm nell’ordine di custodia cautelare non provato allo stato degli atti e anzi addirittura carente di indizi per lo stesso provvedimento restrittivo. Crespi è dentro per le proprie, ritenute, cattive amicizie. Quelle di ieri, quando nato e cresciuto in un quartiere di “coatti” come Baggio si trovava a scuola e non voltava loro le spalle (anzi li ha pure aiutati nella vita) i figli dei calabresi emigrati o mandati al confino al Nord. E quelle di oggi, al secolo l’odiato cavaliere del lavoro Silvio Berlusconi.

Le prove della compravendita dei voti sembrano non esserci visto che la difesa di Ambrogio Crespi, gli avvocati Marcello Elia e Giuseppe Rossodivita, ha anche depositato una perizia del professor D’Alimonte, massimo esperto italiano dei flussi elettorali, che, sui risultati di indagine fatte dai su citati avvocati, non dalla accusa che si accontenta della “narrazione”, ha stabilito che in realtà Zambetti nei quartieri di Baggio e nei condomini che si assumerebbero controllati dai calabresi e da Crespi ha preso pochissimi voti, meno di trenta. Tuttavia Ambrogio deve rimanere in carcere perché pur non potendo inquinare le prove, che non ci sono, né reiterare il reato (le elezioni in Lombardia sono state già fatte) e neanche verosimilmente fuggire, ha il grande torto di stare dalla parte sbagliata nella vita: con gli ultimi e con il centrodestra. Alla gente che vota Grillo, con la stessa logica con cui i calciatori fanno i falli di frustrazione quando la loro squadra perde tre a zero, evidentemente sta bene così. E ormai esistono magistrati, “prestati” alla politica e mai più restituiti, che teorizzano l’applicazione del diritto attraverso veri e propri tribunali del popolo.