La Corte Suprema statunitense dà ragione a Barack Obama per quanto concerne il matrimonio gay e improvvisamente il mondo si divide facendone una questione quasi ideologica tra chi ovviamente vede questo come un cedimento al nichilismo e al degrado dei tempi e chi invece in questo vede un atto di civiltà e apertura ai diritti civili. Il mio punto di vista è molto preciso, io credo che persone che si amano e decidono di vivere la propria vita o parte di essa insieme devono essere equiparate nei diritti e credo che il nodo centrale sia questo: totale parità nei diritti degli uomini davanti allo Stato.

La questione del matrimonio acquisisce un valore simbolico e rituale di cui probabilmente neanche le coppie omosessuali sono particolarmente appassionate. La questione che mi interessa non è tanto matrimoni sì, matrimoni no, ma il valore simbolico che a questa vicenda è stato dato, tanto che a un certo punto ho dovuto ascoltare frasi del tipo “noi arriviamo per ultimi”, “cosa aspettiamo anche noi”, “l’America è paladina dei diritti civili”…

Negli Stati Uniti è furibondo il dibattito sull’aborto, ma soprattutto non è che un presidente nero abbia radicalmente cambiato le condizioni di tutti i neri, anche se le condizioni di oggi non sono quelle che denunciava M. L. King. L’America è lo stesso paese che pone al centro della sua attenzione il diritto al reddito, al guadagno e in funzione di questo è il fautore del modernismo occidentale, della modernità occidentale dove la rappresentazione è una cosa e la verità è un’altra: le armi di distruzione di massa, Wikileaks e non ultima in questi giorni, la Casa bianca che si dimostra non essere una casa di vetro, proprio come il caso di Snowden. Troppi segreti, troppi misteri , troppe cose occulte.

Ma anche questo se volete è un’opinione marginale, più vicina mi rendo conto a un apparato ideologico, complottista o complottardo. Non basta votare i propri governanti democraticamente per definirsi un paese civile, perché proprio negli stati Uniti, in Texas, giustizieranno la cinquecentesima persona.

In un paese dove ancora vige la legge del taglione, dove ancora la pena di morte viene applicata quotidianamente, non è certamente perché si concede il matrimonio ai gay che si può iscrivere tra i paesi civili e Obama sembra prestare più attenzione a ciò che fa consenso elettorale che non a ciò che produce realmente cambiamenti nella vita della gente, perché lui stesso si è piegato alla lobby delle armi e la tanto civile America è un paese armato che spara, spesso a casaccio e fa vittime innocenti sulla base di un principio di libertà del possesso delle armi, un principio tribale, da film western.

Se volessimo paragonarlo ad altri paesi, il livello di civiltà di democrazia che c’è in America è sicuramente superiore: la libertà di parola, di critica… non vi è alcuna ragione di pensare che lì ci sia un problema. Ma l’America non rappresenta il mio modello culturale, il mio modello di riferimento. In Italia forse non abbiamo ancora il matrimonio dei gay, però non c’è la pena di morte. E’ vero che poi i colpevoli li facciamo crepare in carcere assieme agli innocenti…

La verità è che mancano i modelli, ma non le aspirazioni e che il quadro delle convenienze e dei reciproci vincoli impedisce un reale sviluppo civile del mondo occidentale, dilaniato, pervaso da egemonie oligarchiche bancarie, finanziarie, dominato da processi di comunicazione gerarchizzati sulla cronaca e non sui problemi veri.

L’America non ci può fare lezioni; è la patria che trattiene in galera Chico Forti, è quel posto dove se hai soldi torni libero, da noi neanche i soldi ti garantiscono la libertà. L’America non è un modello di civiltà: è la nostra civiltà che è in crisi, il nostro modello di vita, la capacità di generare speranze, la capacità di avere la prospettiva di un mondo migliore e io non voglio vivere in un mondo dove i gay si possono sposare e tutti gli uomini possono finire sulla forca innocenti o colpevoli che siano.