Dal mio blog su HuffPost Italia – Quando le relazioni umane sono regolate da un algoritmo, cioè un sistema che seleziona automaticamente i punti di contatto, possiamo trovarci davanti a delle aberrazioni. Ad esempio, se sei iscritto o iscritta ad un social network e hai 13 o 14 anni, potresti cominciare a ricevere in maniera insistente campagne pubblicitarie che propongono, se sei una femminuccia, prodotti indispensabili per affrontare il primo ciclo mestruale, se invece sei un maschietto, potrebbe essere una famosissima azienda di rasoi o di lamette, ad inviarti gratuitamente il primo set per farti la barba. Questo perché più della metà di quei consumatori che utilizzeranno per la prima volta un determinato rasoio lo continueranno ad usare per il resto della vita perché rimarranno legati intimamente e sentimentalmente a quel momento.

Quando il marketing si fonde con l’algoritmo, può capitare che sempre sui social media, possa essere acquisita l’informazione che tu sei incinta e allora da quel momento potresti essere ingaggiata da aziende che hanno pagato magari Google o Facebook per raggiungere la futura mamma e proporre lettini, passeggini, pannolini, vestitini. Questo è un servizio, non c’è niente di brutale o di violento. Gli algoritmi sono comodi, sono efficienti, massificano le relazioni, ma sono stupidi, perché capita, ed è capitato e continua a capitare tutti i giorni, che delle donne che hanno perso il proprio bambino al sesto mese o settimo mese e non hanno comunicato questa cosa sui social, perché non si scrive su Facebook:ho abortito” oppure “ho perso il mio bambino“, immaginate dicevo queste madri che continuano a ricevere pubblicità di carrozzine, lettini, camerette, per un bambino che non ci sarà mai, questo sì che è brutale e inaccettabile, immaginate il dolore che questo algoritmo riesce a produrre e perpetuare. Ma non basta.

È capitato anche che la pubblicità del primo rasoio, del primo assorbente, continui ad arrivare su profili di adolescenti che hanno perso la vita in un incidente, per una malattia e poiché nessuno ha avuto la premura di avvisare Facebook o Google l’algoritmo continua ad inviare piccoli regali, piccole offerte, straordinarie occasioni a chi non può più leggerle o a chi è troppo provato per leggerle aumentando così il dolore e l’angoscia.

L’algoritmo non tiene conto del silenzio, è violento, è aggressivo, non guarda in faccia a nessuno, come è capitato nel caso di Klaus Davi, che ha subito il sesto video pubblicato su You Tube contro la sua candidatura a sindaco di San Luca, dove viene fatto riferimento alla religione ebraica, alla sua perversione intrinseca, tirando in mezzo anche la Chiesa del Concilio Vaticano II.

E’ incredibile che un siffatto linguaggio tra sovranismo e satanismo, tra antisemitismo e omofobia sia accettato dall’algoritmo, sia incluso nel mondo civile e sia visibile ancora adesso su You Tube, come è incredibile il fatto che se hai la sventura di chiamarti Negro di cognome, benché scritto con la N maiuscola, l’algoritmo ti respinge, ti annienta e non ti fa esistere.

Occorre organizzare un movimento civile “anti algoritmo” come quello dei “gilet gialli”, capace di reagire ad una deriva disumana.