L’hanno spacciata come una svolta epocale la nuova legge con cui Re Abdullah, sovrano assoluto d’Arabia Saudita, figura più vicina a certi monarchi medievali che a un leader di un Paese che grazie al petrolio condiziona gli equilibri strategici delle economie occidentali, ha deciso di concedere il voto alle donne alle elezioni amministrative. Tra quattro anni anche le donne arabe potranno scegliere gli amministratori locali e candidarsi alle elezioni locali. Ora, anche volendosi lasciar prendere da entusiasmi che francamente non riesco a capire, una domanda è d’obbligo: ma di cosa stiamo parlando?

Dovremmo aderire al giubilo di chi dimentica che stiamo applaudendo un Paese in cui i diritti e la dignità delle donne vengono sistematicamente calpestati? Dovremmo far finta di non sapere che in Arabia Saudita le donne non possono neppure guidare la macchina e che, per curarsi, devono chiedere prima il permesso al marito? La verità è che non siamo di fronte a nessuna svolta epocale e chi sostiene il contrario mente sapendo di mentire innanzitutto a se stesso.

Fumo negli occhi, null’altro, in un Paese da sempre citato nelle statistiche di Amnesty International per aver improntato il proprio sistema giudiziario alla legge del taglione. E’ questo il Medio Oriente promesso e sponsorizzato dagli Stati Uniti di Barack Obama? O piuttosto quello dei silenzi americani sullo Stato Palestinese? Per favore, non scherziamo…