Ho seguito la Leopolda con attenzione perché non mi fido di come la narrano. Troppi interessi in chi ci racconta le cose. Chi mi segue, lo sa che ci occupiamo di comunicazione, della percezione, della capacità di rappresentare idee e suggestioni. Da questo punto di vista la Leopolda ha subito una regressione parossistica. Una messa in scena giovanilistica, piena di smart, cool e start-up linguaggio non d’avanguardia ma d’avanspettacolo.

Il trionfo della semplificazione, l’esaltazione di se stessi, una sequenza di parole che poco testimoniano i sentimenti e gli stati d’animo di un paese fulminato che aspetta la scossa. Il clima da programma televisivo da TV locale, tra saga di paese e presunzione.

Ma, poi un lampo. Baricco: ”Renzi doveva essere una rivoluzione culturale, ma c’e’ gente che vedo e quello che hanno in testa non si e’ spostato di un millimetro”. Alessandro Baricco dal palco della convention della Stazione Leopolda affonda senza alcun riguardo. ”Eravamo li’ – ha ricordato – c’era un bambino piu’ grande di noi che aveva un giocattolo che volevamo e non ce l’ha dato, ora ce l’ha dato ma non ci sono le pile dentro”.

Non e’ che annusa il trappolone? Fa apparire la corsa per la segreteria un ripiego, il giocattolo senza pile. Il feticcio per imbrigliare Renzi.

Baricco non è l’intellettuale di corte che fa il verso al principe. Non si limita a definire il colore delle cose, gli dà forma e anima , rende possibili e vicini i sogni. Il futuro è tornare a casa, è il ritorno a quello che amiamo. Nessuna indulgenza, ma un’apertura di credito “controversa” e potente. Non fa la “carrettella” a Renzi ma lo anticipa e ne sollecita la risposta e Renzi non si sottrae.

Il suo discorso sudato e spettinato… Complica la vita a Crozza, dovrà cambiare la sua parodia. Perché, sin dalle prime battute esce dal suo stesso stereotipo. Il discorso di Renzi è rivoluzionario. Si pone degli obbiettivi chiede di essere misurato sulle cose che propone e si da un tempo. Un anno. E questo è rivoluzionario. Comunque la pensiate questo approccio lo espone al rischio,  fra un anno, dell’omologazione alle inutili parole della politica.

Riforme istituzionali, apparato dello stato, un nuovo europeismo, Renzi mette in discussione tutto, dai parametri di Maastricht alla struttura dello Stato. Poi per la prima volta mette al centro la riforma della giustizia (non si è capito come la vuole riformare) ma ha fatto correre un gelido brivido quando ha detto ‘ il caso di Silvio ci impone la ineludibile esigenza di riformare la giustizia… ‘

Un sospiro di sollievo quando si è capito che il Silvio non era Berlusconi ma Scaglia.

Scuola, lavoro e sindacati che devono certificare i loro bilanci, ha toccato tutti i temi dell’agenda politica, Senza parlare mai del Governo Letta, andando oltre. Se Renzi farà le cose che ha detto, si compierà una rivoluzione incredibile per il nostro paese. Ora, che Renzi sia il nuovo Berlusconi o la nuova De Filippi non frega a nessuno. Molti degli impegni che ha preso sono gli stessi che abbiamo sentito da Veltroni o da Berlusconi e che tutti aspettiamo.

Renzi e i renziani appaiono sempre di più come una setta chiusa che si apre a condizioni precise verso gli altri sempre e solo per adesione e chiamata. Adesso però le cose devono succedere e devono succedere subito . Tutti chiedono che le cose accadano, tutti chiedono di uscire dalla palude, dall’ immobilismo conflittuale, tutti chiedono pubblicamente un cambiamento ma poi lo ostacolano, lo rallentano, lo fermano.

Questo è il primo discrimine, quello che divide il mondo tra chi guarda al futuro e chi nel futuro vede una minaccia che ‘arriccia’ ogni passaggio della nostra vita .

Poi, speriamo che le cose che succedano siano buone. Ma questa è un altra storia perché se non succede niente è la fine.