matteo renzi iphone

Mi sento come Rutger Hauer nel film Blade Runner, quando, nel monologo finale, il suo personaggio, il replicante Roy Batty, dice: “Ho visto cose che voi umani…”. Non si tratta in questo caso dei “raggi B” che balenano alle porte di Tannhäuser, ma quello che abbiamo visto in Italia negli ultimi mesi, negli ultimi anni, negli ultimi decenni, è difficilmente raccontabile.

Vedere il premier di un governo a maggioranza assoluta Pd prendere a calci nel culo il leader del più importante sindacato di sinistra, va ben oltre i “bastioni di Orione”.

Sentire la giovane Picierno, donna di punta del renzismo, accusare di truffa – senza però volerlo dire – il più forte leader sindacale italiano, o Rosy Bindi, cattolica democristiana difendere l’ex Pci, o ancora la Boschi scegliere Fanfani e non Berlinguer solo per una vicinanza geografica, è una cosa che neanche Ridley Scott avrebbe potuto immaginare.

Come era inimmaginabile vedere i “cellerini”, tra le altre cose un po’ tutti panciuti e di mezza età, inseguire degli operai e bastonarli come fossero Hooligan qualsiasi. Mentre Renzi tace.

Renzi tace, ma Landini no. Le sue parole sono state un lampo nella notte, un ritorno alla realtà: “questa non è la Leopolda. In alto i manganelli”. E tutta la retorica del renzismo: le innovazioni, i cambiamenti, gli iPhone) si schiantano in un secondo.
Una presa di coscienza, la realtà che prevale.
Ci si può confondere: nell’era degli smartphone, uno può pensare che un retweet sia un atto di legittimazione popolare, che un like non si possa cambiare. Ma un retweet non costa niente. Un like non si nega a nessuno. Ciò che viaggia sulla rete è per sempre, ma volubile e aleatorio, impreciso.

La rete se non è relazione diventa un media, un semplice megafono e la gente, oggi più che mai, ha bisogno di risposte, di relazioni, di scambio. Ma se lo scambio viene fatto in punta di manganello, forse, erano meglio i gettoni.
Perché la retorica della modernità, come la retorica della velocità, è marinettiana, è futurista e il Futurismo è antico, è vintage, esalta la guerra, le moltitudini, la fabbrica, l’acciaio, la città. La velocità non è il futuro, quindi, se interpreti il futuro con il lampo, parti col piede sbagliato. Certo, hai lo smartphone… ma continui a usarlo per telefonare.

Quello che fa più male è proprio vedere questa mancanza di relazione.

Per anni ci hanno ossessionato con il fatto che Berlusconi fosse un genio della comunicazione, anche quando faceva errori clamorosi, confondendo i geni della comunicazione con i geni delle campagne elettorali. Adesso c’è una mitizzazione di internet, della modernità, di Twitter, di Renzi che, nonostante gli incontri in Silicon Valley, non mi pare utilizzi questi strumenti con la adeguata maestria. Lo fa in modo unidirezionale, in maniera estemporanea e con un linguaggio francamente discutibile.

Molto meglio Storace che nel suo piccolo risponde a chiunque ha un “tiramento”. Avrà sicuramente una stampa meno buona di Renzi, ma usa Twitter nel modo giusto.

La modernità come valore assoluto discriminante ci porta indietro nel tempo, è peggio del gettone, molto peggio: anche perché, per adesso, le cose più belle del nostro popolo, della nostra comunità, appartengono al passato e ci sono cose che nel passato hanno le radici. Ma non è tagliando le radici che l’albero diventa più forte.

Conoscere il proprio passato, esserne l’espressione vivente nel presente è la conditio sine qua non per tracciare la parabola del futuro. Tutto il resto è Steve Jobs.