contratto con gli italiani crespi berlusconi
Oggi ho letto un’interessante intervista su Repubblica del professor Lakoff, che sul contratto con gli italiani avvalora una “balla” e visto che gli americani spesso ci provano spesso e purtroppo ci riescono, questa volta non gliela lasciamo passare!

Il contratto con gli italiani rappresenta ancora oggi uno degli esempi più interessanti della capacità italiana di coniugare creatività e marketing, ed ha rappresentato il culmine di un lavoro di equipe che mi onoro di avere guidato.

La base teorica di tutta la campagna elettorale, che ancora oggi viene studiata per la sua straordinaria modernità, è tutta italiana e si rispecchia negli studi di Franco Fornari con la sua “Teoria dei codici affettivi” – il coinema che unisce gli affetti ai codici di linguaggio presiedendo alle varie forme di comunicazione.

Le sue teorizzazioni sono state applicate alla ricerca da Natascia Turato e Michelangelo Tagliaferri con la collaborazione di figure come Alessandra Ghisleri e Bo Toskic e decisivi membri dello staff di Silvio Berlusconi quali Deborah Bergami e Niccolò Querci solo per citarne alcuni, e solo per le ultime settimane di campagna elettorale è stato ingaggiato anche Luntz che però non ha inventato proprio nulla: il “contratto” nasce in piena divergenza dal “patto con gli americani” sottoscritto da Reagan, rappresentando infatti una modalità concettuale e comunicativa completamente diversa.

Ma se dobbiamo cercare l’inventore del “patto”, ancora una volta non dobbiamo andare negli USA, ma nella Germania degli anni ’30 e riferirci ad Adolf Hitler ma si capirà bene che in termini evocativi non vi è alcuna risonanza. Bisogna inoltre ricordare che il primo “patto” in Italia è stato proposto negli anni ’80 da Gianni De Michelis nelle amministrative a Venezia.

Di “patti” con gli elettori, quindi, la storia ne è piena ma di “contratto” ce n’è uno solo e probabilmente resterà tale perché difficilmente ripetibile: non si tratta infatti di un idea creativa, di un colpo di genio estemporaneo, ma di una conseguenza operativa, del frutto di un percorso generativo cucito addosso a Silvio Berlusconi.
Il contratto ha avuto il valore e l’importanza che la storia gli ha attribuito perché è stato firmato da Silvio Berlusconi, portatore di una storia unica senza la quale sarebbe stato derubricato come ennesima e banale propaganda elettorale.

La confezione della proposta e la modalità di presentazione sono stati elementi altrettanto unici e decisivi per il successo dell’operazione, ed il prodotto finale porta il marchio diretto e indelebile dello stesso leader di Forza Italia che al tavolo di lavoro con il sottoscritto ha corretto e plasmato tutti i passaggi che lo hanno portato davanti alla telecamere da Vespa.

Io ho avuto il merito di credere che il “contratto” fosse la mossa decisiva per vincere quella campagna elettorale, ho rimosso dubbi e paure, ed ho confezionato insieme a tutto lo staff il prodotto nel quale mi sono identificato.

Tutto questo è documentato e non può essere messo in discussione né mistificato da chicchessia.

Il contratto è un prodotto che nasce in Italia, da un leader italiano e dal suo staff e nessuno provi a raccontare il contrario. È possibile che il linguista George Lakoff racconti quello che gli è stato rappresentato, ma la verità storica e documentata è questa.