Interior Minister Matteo Salvini poses for a picture with guests at the Italian Business Association Confcommercio meeting in Rome, Italy, June 7, 2018. REUTERS/Tony Gentile

Il mio editoriale per Huffington Post – Tutti in fila dal potente di turno. Dopo avere conosciuto le gesta eroiche di Mario Monti, cene di capodanno in loden per risparmiare sul riscaldamento, eccoci a subire le analisi forbite degli osservatori inneggianti alle gesta di Matteo I Re d’Italia, rottamatore da tutti definito il più grande comunicatore della storia, secondo solo (forse) a Benito Mussolini. Senza pudore, gli stessi osannanti personaggi si sono oggi iscritti al fan club di Matteo II, re popolano della ridente Padania che del Sud ha subito imparato i vizi meno estetici come il “chiagni e fotti”.

Certo, Salvini ha vinto le elezioni amministrative (e non solo una), ha pure resuscitato la Lega, ma c’è da ricordare che anche Mario Monti con Scelta Civica da neofita portò a casa una percentuale alle politiche vicino al 10% e Matteo Renzi arrivò addirittura al 41%, risultato che nessuno è riuscito a eguagliare.

Lo stesso Luigi Di Maio, principe partenopeo, è stato santificato dal tondo risultato del 33%, il doppio di Salvini, anche se poi non ha saputo farlo pesare nella relazione con il lombardo che, con la metà dei voti, lo ha regolato una spanna sotto di sé.

Il fatto è che questi signori, pur abili agitatori, restano pessimi comunicatori. Sono iscritti alla categoria “venditori di aspirapolveri, maestri della Pnl”, anche se in alcuni casi sono assai più semplicemente solo straordinari banditori di idee.

La comunicazione, che è una specifica attività che qualifica l’umanità è un’altra cosa: è la capacità di durare nel tempo e di costruire ponti narrativi che nel tempo si sedimentano su valori che esprimono movimenti automatici verso il futuro.

Ora, secondo quale ponte e quale coerenza di valori si può giudicare M5S in un’alleanza con la Lega? Le post ideologie, se esistono, hanno per loro natura vita breve. Le ideologie grilline esistono costruite intorno al pensiero di Casaleggio (padre) che non credo avrebbe mai accettato di pagare il prezzo pagato da M5S per entrare nel governo.

Questo è stato sì un passaggio decisivo, ma per la carriera di Di Maio, non certo per il futuro di un movimento passato con troppa leggerezza dal Vaffa Day al Pontida Day, affiancandosi alle stesse persone che per vent’anni il potere lo hanno conosciuto e condiviso con Silvio Berlusconi. Non per nulla, votando contro questo governo, Berlusconi ha dato una grande mano al suo alleato Salvini. Un voto di fiducia da parte di Forza Italia (che ha invece avallato la nascita di questo governo) sarebbe stato per il M5S un vero e proprio “bacio della morte”.

I leader in campo agiscono e parlano in funzione dei telegiornali e dei dibattiti televisivi, si preoccupano dei like come se non ci fosse un domani, parlano come se avessero davanti branchi di pesciolini rossi con una memoria di 3 secondi.

Like/piazze/Tv sono leve del loro consenso rettile. Usano e occupano bene. La gestione del consenso in relazione al potere si gestisce però con altra agenda, con altra articolazione, muovendosi affinché le cose non accadano o accadano al momento giusto.

Bravo Matteo, oggi.

Dopo aver finito i paesi Europei per riuscire a litigare che cosa dovranno però fare? Passeranno ai paesi subsahariani? E i summit internazionali li faremo a Mosca con Le Pen e Orban? E quando lo straordinario mondo descritto nel Contratto del cambiamento si schianterà sulle porte del Ministero dell’Economia, che faranno? Chiederanno l’impeachment del ministro, o punteranno il dito accusatore su Mattarella?

Pensate, se oggi dicessi che a causa dell’ottantaduenne Savona (stessa età di Berlusconi) il governo del cambiamento non sarebbe nato, molti mi riderebbero in faccia. La credibilità è il pilastro di ogni ponte narrativo e la capacità di comunicare deve essere correlata al consenso futuro: credibilità e futuro, tutto il resto è reality…

Il Grande Fratello è il modello narrativo dominante, senza mediazioni, diretti; toni estremi; atteggiamenti sfidanti, denuncia rabbia e indignazione, partecipazione per adesione e senza confronti, e se in Italia il modello operativo è il GF, per l’America di Trump è stato ed è The Apprentice. Format diversi, target identici.