E’ raro leggere leggere un’intervista su Gurdjieff, una figura che io ho avuto modo di studiare e approfondire con molta cura, in Italia forse, oltre a Battiato, solo un altro personaggio avrebbe potuto rilasciare un’intervista di questo genere, ovvero Gaber.

Io credo che l’insegnamento di Gurdjieff sia, nella sua complessità, molto semplice e indichi comunque un modo legato all’imperturbabilità cioè a non apparire diversi nella propria contemporaneità. Cosa intendo dire: che probabilmente per meditare non è necessario, da occidentali, suonare il gong o avvolgersi di incensi ma forse è sufficiente perdersi nei ritmi di un videogioco o concentrarsi sui rumori del vento o sviluppare la propria attenzione bevendo un caffè.

Intendo dire che le modalità con le quali ci si debba impegnare a svegliare e sviluppare la propria coscienza debbano seguire modelli antropologici e culturali che non facciano apparire le persone strane, stravaganti, diverse perché questa diversità allontana noi stessi dalla nostra coscienza perchè spesso nutre il narcisismo che è un vero virus, un’allucinazione della coscienza stessa. In questo senso è spiegabile il rapporto che G. ha nei confronti del denaro, che è la misura della contemporaneità e un gurdjieffiano non si sottrae dalla contemporaneità, ma nella contemporaneità si misura e la gioca con modalità di evoluzione.

Non ci si isola, non ci si sottrae, quello che indica G. è molto lontano dall’eremita, dal monaco solitario, G. indica una figura di un uomo moderno, consapevole e capace di modificare le cose attraverso la propria coscienza partendo dalle intenzioni prima ancora che dalle finalità.

Come d’altronde la stessa idea di mortalità dell’anima, di un’anima da guadagno è estremamente convincente, è un percorso nel quale ci dobbiamo guadagnare ciò che abbiamo, sudarlo. La via dell’illuminazione o del risveglio G. la rappresentava con una metafora semplicissima: per illuminarsi o risvegliarsi bisogna pedalare, la pedalata accende la dinamo che dà luce al faro. Quindi, più pedali e più luce produrrai, meno pedali e più ti troverai nell’oscurità.

Non vi è dubbio che G. non ha molto a che fare con l’idea di New age o di Osho &co, il suo pensiero è originale e unico. Ma perché non sia un fuoco dipinto, quindi incapace di dare calore, deve rappresentare un incipit, un pretesto perché ognuno ritrovi, nel risveglio del proprio corpo e dei propri sensi, il controllo dei propri pensieri e delle proprie emozioni e il senso profondo dell’appartenenza a se stessi e del contesto nel quale si vive, dentro un passaggio che è rappresentazione della nostra contemporaneità.

Non è una religione, è semplicemente un metodo per conoscere se stessi, un metodo che però va interpretato e sempre personalizzato. E’ questo che di G. mi piace, è questo che Ouspensky, autore del libro “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”, cerca di spiegarci. E’ di questo che G. mi convince molto, mentre mi convince molto meno la sua teoria cosmopolitica, come le leggi numeriche come quella del 7.

Però sono dettagli, opinioni ed è con questo pensiero, un po’ diverso dal solito, che vi auguro Buon Natale.