E’ triste dover constatare sempre piu’ spesso che l’ambizione di taluni uomini diventa il limite alle loro carriere. Mi è capitato di dirlo a Mauro Masi nel 2002, quando mi confidava le sue ambizioni rispetto alla RAI , che la direzione generale di quell’azienda, se non si è attrezzati, puo’ essere la tomba anche del piu’ bravo tra i mandarini, perché è un luogo infernale, soprattutto per chi non conosce le profondità ed i mille risvolti di un’azienda che sempre di piu’ è metafora di un Paese. Appare evidente che Masi non ha seguito il mio consiglio e si è intestato uno dei piu’ grandi disastri nella comunicazione televisiva dal dopoguerra ad oggi.
Partiamo dai conti: in questo momento la Rai ha 250 milioni di euro di debiti e 120 milioni di perdita di bilancio, mentre tra il 2003 ed il 2007 era addirittura in utile. In particolare nel 2003 aveva una disponibilità finanziaria di 120 milioni di euro ed un utile di 82 milioni. E’ chiaro che l’azienda che ha preso in mano Masi era già in perdita, ma è altrettanto evidente che non ha saputo risanarla.
Dal punto di vista editoriale è riuscito a consegnare, credo con immensa disperazione al suo dante causa, una Rai ad alto contenuto di Sinistra: la gestione della vicenda Dandini ha del comico alla quale si sono aggiunti programmi come quello della Busi e serate come quelle dedicate all’autore di Gomorra. Per carità, tutte cose anche editorialmente interessanti ma che non hanno un contraltare nella cultura di centrodestra.
Ma ci sono tre elementi clamorosi che dimostrano che la gestione di Masi non solo è maldestra, ma produce danni a Berlusconi, che lo ha voluto li’:
1) Il caso Sky – che la Rai dovesse uscire dalla piattaforma Sky era un dato inevitabile in previsione della nascita del digitale terrestre, incompatibile con quella situazione. Tra l’altro la decisione in azienda era già stata presa e ampiamente documentata e supportata da studi interni. Tra le altre cose si trattava di una decisione corretta perché oggi l’offerta Rai sul digitale ottiene un importante 5% di share. Masi ponendo la questione a Sky sul profilo economico, cioè chiedendo 50 milioni in piu’ per lasciare i programmi Rai sulla loro piattaforma, ha negato il valore strategico dell’iniziativa sul digitale ed avanzando una richiesta che la controparte non poteva accettare ha consentito al diffondersi dell’idea che quella decisione fosse inquinata dal conflitto di interessi di Berlusconi, cosa che in questo caso mi sembra assolutamente marginale.
2) Caso Rai 3/Ruffini – Ruffini dopo 7 anni di direzione era abbastanza logico che potesse subire un avvicendamento, tanto piu’ che erano cambiati di rapporti di forza nel PD e visto che Ruffini non è stato messo alla direzione della rete sulla base di un concorso, ma per opzione politica, sempre per la stessa ragione doveva essere rimosso. Tanto piu’ che se Ruffini doveva andare alla direzione dei canali digitali, incarico che non poteva essere visto come una de-qualificazione professionale. Masi, il furbetto, ha dato la delega per i canali digitali al vice-direttore Marano e poi ha provveduto a nominare i direttori delle reti sotto , Rai 4 ecc.. E’ chiaro quindi che Marano stava consegnando una scatola vuota a Ruffini, non rendendo possibile un passaggio che sarebbe stato al quel punto sostenibile solo da una causa del lavoro. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
3) Il caso Santoro – in piena autonomia Santoro decide di andarsene, il vice-direttore generale Lei, definisce e chiude un accordo soddisfacente per tutte le parti, Berlusconi gongola, finalmente se ne è liberato. Masi imponendo alcuni passaggi discutibili riesce a trasformare questa vicenda nella sua Waterloo, obbligando di fatto il conduttore a tornare in onda. Ma a quel punto Masi gli produce tutti gli ostacoli possibili, ne ricava un bel “va fanbicchiere” doveroso da parte Santoro, per poi arrivare al ridicolo di sospenderlo, trasformandolo in un legittimo martire della libertà e della democrazia ed ottenendo un grande rilancio del profilo professionale di Santoro.
Per Mauro Masi la direzione generale della Rai non è cosa, o è cosa molto complicata. E’ una comunità difficile da dirigere, una comunità agguerrita fatta di competenze e di passioni, ma anche di gente dura e senza scrupoli e Masi resta un mandarino, uno che ha sempre bisogno di qualcuno che gli dica cosa deve fare. La quantità e la qualità degli errori che ha saputo fare in cosi’ poco tempo, mi fa venire il dubbio che non siano generati solo dall’inadeguatezza di quel ruolo.

E se scoprissimo che Masi è l’amico del giaguaro? Comunque mi sembra che finalmente la politica abbia indicato una soluzione con la coraggiosa proposta di privatizzazione della Rai.