Riporto da Il Giornale d’Italia un articolo a firma di Federico Colosimo, sul rigetto dell’istanza di scarcerazione di mio fratello da parte della Cassazione:

L’Italia è il Paese dello strapotere dei giudici. È così da sempre. Ma dalla fine della Seconda Repubblica, il problema si è aggravato oltremodo. La miriade di processi a carico di Berlusconi ne sono solo l’esempio più eclatante. Ma quello dell’ex Presidente del Consiglio non è certo l’unico caso, anzi. C’è una vicenda, giudiziaria, meno conosciuta di quanto sarebbe giusto che fosse. È quella di Ambrogio Crespi. Lo chiamano “Mr. Blog”, lui è il fratello di Luigi Crespi, quello che per anni è stato il sondaggista proprio di Silvio Berlusconi e di Gianni Alemanno. È in prigione da 152 giorni Ambrogio Crespi. 65 dei quali passati in isolamento, come si fa per i boss. Carcerazione preventiva. Con una serie di accuse che, se fossero vere, sarebbero gravissime, a dir poco. Corruzione, voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Questi i capi d’imputazione contestati. Crespi è stato arrestato il 10 ottobre. Portato ad Opera, il penitenziario milanese di massima sicurezza, con l’accusa di aver aiutato nel corso della campagna elettorale del 2010 l’assessore lombardo Domenico Zambetti (anche lui finito in prigione nell’ambito della stessa delirante inchiesta). 2500 preferenze che Crespi avrebbe garantito all’assessore, in cambio di una promessa di denaro (mai mantenuta). Secondo il teorema costruito dagli inquirenti, Crespi avrebbe fatto ottenere a Zambetti i voti di alcune cosche della ‘ndrangheta, molto radicate nel territorio meneghino. “Il problema è che a nessuno sembra interessare che Ambrogio e l’assessore Zambetti neppure si conoscevano”.

Luigi Crespi, ha la voce piena di rabbia quando parla della vergognosa vicenda di suo fratello. È di appena un paio di giorni fa l’ultima inspiegabile decisione dei giudici sul caso di “Mr. Blog”. Gli ermellini della Cassazione, infatti, hanno rigettato la richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Crespi. “Pensavo che la Cassazione fosse un luogo di Giurisprudenza, dove viene fatta rispettare la legge e si fa diritto. Ma non mi pare che sia avvenuto questo nel caso di Ambrogio”. La commenta così Luigi Crespi, la decisione dei Supremi giudici. “Sembra che il tempo si sia fermato al 10 di ottobre. È come se i magistrati non abbiano preso minimamente in considerazione tutti gli elementi che screditano le accuse.” Il più evidente dei quali, forse, è la perizia del professor Roberto D’Alimonte, ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche alla “Luiss Guido Carli” di Roma, nonché esperto di dati e flussi elettorali.

Lo studio di D’Alimonte ha dimostrato, carte alla mano, come “non ci sia alcuna significativa relazione fra i voti raccolti da Zambetti e l’attività di Ambrogio Crespi”. Ma la perizia di un esperto del settore non è stata considerata sufficiente a scagionarlo. Le intercettazioni di uno degli arrestati, Eugenio Cosentino, che racconta come “Ambrogio gli ha portato 2500 voti a Milano. (…) Ha amici intimi fra i calabresi, siciliani e napoletani, tra cui anche alcuni che hanno 10-12 grossi condomini a Milano”, bastano per non concedere la libertà provvisoria (e neppure i domiciliari) a Crespi. Eppure, è appena il caso di ricordarlo, il codice di procedura penale, prevede la carcerazione preventiva in soli tre casi: pericolo di fuga, reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Non si sa in quale di queste fattispecie rientri il caso di Crespi. Che, ad ogni giorno che passa, sa un po’ di più di una persecuzione giudiziaria. Sì, perché ad esaminare il caso Crespi, sembra proprio che i giudici vogliano necessariamente dimostrare un legame inequivocabile fra la politica milanese e la ‘ndrangheta. Certo, perché se così fosse, i magistrati titolari dell’inchiesta, si troverebbero davanti a uno di quei casi che danno una svolta alla carriera. E, come se non bastasse, fra i PM che hanno tentato in tutti i modi di dimostrare il teorema: politica lombarda uguale ‘ndrangheta c’è, nemmeno a dirlo, Ilda Boccassini, la più giustizialista fra i magistrati del Tribunale di Milano.“Noi non possiamo fare altro che attendere l’uscita delle motivazioni della Cassazione e aspettare di leggere le carte che hanno in mano i giudici, visto che –finalmente- sono finite le indagini. Anche perché, negli ultimi mesi, ci siamo potuti basare solo sugli articoli di giornale! Riproporremo il ricorso davanti Tribunale del Riesame il 14 marzo, ci proviamo ancora una volta” Sono queste le parole di Luigi Crespi, che si aggiungono a quelle dell’avvocato Giuseppe Rossodivita, il quale, insieme a Marcello Elia, fa parte del collegio difensivo di Ambrogio Crespi. “Quella di giovedì in Cassazione è stata un’udienza molto faticosa anche da un punto di vista umano ed emotivo. Anche perché il Procuratore Generale ha ribadito la tesi che vuole Ambrogio Crespi come un soggetto storicamente legato alla ‘ndrangheta. Noi del collegio difensivo, di contro, abbiamo sottolineato, attraverso tre memorie distinte, l’illogicità e contraddittorietà delle motivazioni addotte dal Tribunale della Libertà riguardo la carcerazione di Ambrogio”. Ha ribadito Rossodivita. A detta di Luigi Crespi, “Ambrogio sta a pezzi. L’ho visto, l’ultima volta, mercoledì. È in carcere da mesi. Ha fatto 65 giorni di isolamento e non riesce a farsene una ragione. Perché se sei colpevole, dopo un po’, i sensi di colpa possono farti accettare la tua condizione. Ma se sei innocente no. Non puoi sostenere di restare in cella”.