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Da oggi scrivo su Terra diretto da Luca Bonaccorsi il primo quotidiano ecologista d’Italia. Lanciato in edicola il 15 aprile 2009, Terra esce in edicola ogni giorno della settimana, lunedì escluso. Ecco l’articolo di oggi

Ho accettato con entusiasmo di scrivere per Terra perché mi si presenta l’occasione di poter parlare con lettori con cui condivido speranze, preoccupazioni e talvolta progetti che riguardano il nostro futuro.

Il tema dell’ecologia nell’informazione è centrale in un Paese dove non è in discussione la libertà di parola, semmai è in crisi da tempo il sistema di regole democratiche che consentono la libera formazione delle parole.

Dapprima si è trattato di inquinamento, poi ci siamo trovati a vivere in un sistema avvelenato dove l’informazione, la pubblicità, la propaganda si sono sovrapposte asservendosi ad un sistema perverso che genera complessivamente comunicazione finalizzata alla formazione del consenso.

Il consenso è la base dei sistemi democratici, ma se la sua costruzione non ha fondamenti di libertà il risultato è un regime senza tiranno. Non fatevi fregare dalla polemica sulle nomine dei direttori dei telegiornali, noi non siamo più liberi se al TG1 c’è Riotta oppure Minzolini, se entrambi sono chiamati a svolgere una funzione che poco ha che fare con l’informazione ma tanto con la generazione del consenso, il processo è stato corrotto, determinando una perdita di credibilità.

Vi ricordate cosa dicevano i nostri nonni? “L’ha detto la televisione!” E con questa frase si indicava un fatto incontrovertibile, non confutabile in quanto vero e verificato, perché se non fosse stato così la televisione non l’avrebbe detto. Forse i nostri nonni erano dei sempliciotti o tendevano ad esagerare, ma questa frase oggi è completamente sparita dal nostro vocabolario e non esagera chi dice invece: “Lascia stare, non dare retta. L’ha detto la TV!”, come se tutto ciò che passa da lì, e ancor peggio quello che passa dai giornali sia per sua natura piegato ed asservito ad un padrone o a una parte che rappresenta solo ciò che è funzionale a produrre e a consolidare il proprio specifico interesse.

Interessi nel nostro Paese fa rima con conflitti e uso il plurale perché non mi riferisco solo al caso clamoroso di Silvio Berlusconi, ma anche alle altre decine di interessi particolari che spesso nel nostro Paese mortificano quelli più generali. Il caso del Premier è il più eclatante e il più velenoso di tutti e come sappiamo, per loro natura, i veleni non sono selettivi, e alla fine colpiscono tutti, sia l’avvelenato che l’avvelenatore.

Ipotizziamo che Mauro Masi abbia fatto veramente una scelta industriale utile per la Rai, spostando i canali satellitari dalla piattaforma Sky alla futura piattaforma Rai/Mediaset, e ne sia pienamente ed in buona fede convinto e che questo corrisponda ad un più generale progetto di sviluppo dell’azienda che rientra nelle responsabilità del direttore generale. Il fatto che nel muoversi tocchi inevitabilmente “la roba” del Premier, rende tutto degno di sospetto che tale scelta non corrisponda necessariamente agli interessi generali dell’azienda che dirige, ma sicuramente a quelli particolari del Premier.

Così come possiamo fare l’esempio della scelta di Clemente Mimun o Augusto Minzolini, a capo delle due ammiraglie dell’informazione Rai/Mediaset, di non inserire nel palinsesto le rivelazione delle clamorose intercettazioni pornografiche rese pubbliche dal blog di Guzzanti perché secondo le informazioni in loro possesso e in buona fede ritengono che siano prive di ogni fondamento. Chi li libererà dal sospetto che in realtà abbiano risposto all’interesse di non fare una cosa sgradita e dannosa al Premier?

Questo per dirvi che sono portatore di una teoria del tutto personale: tutti i conflitti di interesse rappresentano una delle principali fonti dell’avvelenamento del nostro sistema informativo che danneggia gli operatori della comunicazione, lede i diritti dei cittadini e rende un pessimo servizio anche ai portatori di interessi, perché solamente separando si distingue e solamente dividendo si moltiplica e ogni forma di concentramento determina l’impoverimento di tutti i sistemi.

Concludendo: se Berlusconi volesse davvero fare i suoi interessi, pulisca l’aria che è fetida e decida per che cosa vuol essere ricordato se il più furbo imprenditore italiano o semplicemente come uno statista. Le due cose per lui non sono compatibili. Luigi Crespi”