Di Biagio Marzo Settimana nera. Credevamo che i sondaggi fossero del medesimo colore, visto che gli avvenimenti nazionali e internazionali hanno avuto un effetto negativo sul morale degli italiani, ma i medesimi continuano, tutto sommato, a credere ancora a Berlusconi e al governo.

Ecco i risultati dell’Istituto di Luigi crespi per Generazione Italia.

Il G8 e poi il G20 di Toronto non hanno corretto gli squilibri dell’economia globale e alla fine hanno lasciato tutti con la bocca amara. Tant’è che gli elettori considerano acqua fresca le iniziative prese dai grandi della Terra per risolvere la crisi economica, nella città canadese. Solo il 6,7% è convinto della buona riuscita del summit, il 72,4% non è per nulla convinto dei buoni risultati ottenuti. E nemmeno che l’Italia abbia avuto un ruolo. Per 15,3% l’Italia è stata influente, per il 44,4% ininfluente. Non risponde o non lo sa il 40,3%.

In Italia, il malumore è cresciuto di molto: la figuraccia della nazionale di calcio in Sud Africa: non si era mai vista una squadra di brocchi che non sapeva tirare due calci al pallone; il dibattito lacerante sul ddl sulle intercettazioni, visto dal circolo mediatico- giudiziario come un provvedimento bavaglio. Il caso Brancher: un’altra figuraccia, commessa dalla maggioranza di governo.

Nell’immaginario collettivo, la nomina di Brancher a ministro è stata letta come una manovra architettata per far sì che non si presentasse al processo, usufruendo del legittimo impedimento. Ma ci ha pensato il Capo dello stato a costringere il neo ministro di presentarsi, prossimamente, nell’aula di tribunale.

La nomina di Aldo Brancher a ministro per l’attuazione del Federalismo non è servita un fico secco. Anzi. Solo il 4,7% degli intervistati ha risposto di sì, quelli che hanno espresso un no grande quanto una casa sono l’86,9%. Infine, l’8,4%, non sa e non risponde.

Per l’80,4%, il neo ministro dovrebbe sottoporsi a processo e dimettersi, una infima minoranza vorrebbe che si sottoponesse a processo e restasse al suo posto: il 10,4%.

Una vicenda raccapricciante in cui i leader della coalizione di governo hanno dato il peggio.

A ben guardare, l’Italia non ha la forza di uscir fuori dalla sabbie mobili, in cui si è cacciata dalla fine della prima repubblica. Si sente il bisogno di una leadership degna di questo nome, ma neanche a morire la si trova in giro di questi tempi.

Più che di malumore, si potrebbe parlare di depressione psichica ed economica degli italiani, dovuta alla crisi. Il paradosso è che Berlusconi di fronte alla critiche sollevate dai governatori delle Regioni ha dichiarato che la manovra sarà rivista. Tremonti cuce e Berlusconi scuce, dato che non è stata mai farina del suo sacco, benché sia consapevole che è indispensabile per uscire dalla crisi. Il rischio che si corre mettendo mano alla Legge finanziaria che nasca un pasticciaccio. Non sarà la prima volta e non sarà, di questo passo, nemmeno l’ultima.

Le preoccupazione degli italiani per la situazione economica, nel corso di una settimana ( dal 22 al 28 giugno), sono aumentate: molto dal 52,3% al 53,1%, abbastanza dal 30,7% al 29,6%, poco dal 10,9 al 9,8%. Chi è convinto che la crisi non ci sia, è un pazzo. Difatti la rilevazione dà una percentuale pari allo zero spaccato.

Il caso Italia ha, intrinsecamente, qualcosa su cui riflettere: l’italiano si fa passare sopra, forse per apatia, pure un rullo compressore, senza avere alcuna reazione. Ragion per cui, il sondaggio rileva piccole oscillazioni di percentuali tra destra e sinistra. Chi ha un calo di consensi è Silvio Berlusconi: dal 53% al 49,8%, meno 3,2%. E, comunque, era previsto; già nelle rilevazioni delle scorse settimane si notavano degli smottamenti nel suo blocco di consensi. Per lui, il problema sarà recuperarli e non sarà facile, pur se farà non cambio di passo.

Nonostante sia un premier che ha in pugno i mezzi di informazioni, quelli di sua proprietà e quelli pubblici, se la prende con i giornali che disinformano: “I lettori dovrebbero scioperare per insegnare a chi scrive a non prenderli in giro”.

Il governo sta nelle secche e dovrà il premier tirarlo fuori al più presto, pena il suo declino. Per l’esattezza, ha perso in sette giorni un punto: dal 48,0% al 47,0%. C’è bisogno di un colpo d’ala, se Berlusconi vorrà volare come un’aquila con le ali spiegate, dimostrando, alla lettera, di essere uno statista, altrimenti passerà nella storia come un Presidente del consiglio che aveva fatte tante promesse e, alla lunga, non mantenute. Insomma, promesse da marinaio, per uno che era asceso al potere promettendo mari e monti.

In molti chiedono a Berlusconi di suonare come nei tempi passati, come Ingrid Bergman pregava Sam di suonare la vecchia canzone. Nel film Casablanca, il pianista nero suonava:” Mentre il tempo passa”, per Berlusconi il tempo non deve passare, inutilmente. E’ iniziato, piaccia o no, il count down. O la va o la spacca e se molto va poco si spacca, in modo irreversibile.

Sul versante dell’opposizione, non si sta cantando vittoria e sparando i fuochi pirotecnici, come a Piedigrotta, per la perdita di consensi nel campo di Agramante. Anche perché, il gradimento di Bersani sale: dal 25,0% al 26,0%, più 1,0%, mentre lo schieramento dell’opposizione resta al palo: 25,0%.

L’intenzioni del voto degli italiani, nell’arco di una settimana, dal 22 al 28 giugno, sono, come detto, senza grandi sorprese, eccetto Italia dei valori che sembra colpita dalla sindrome del gambero. Nelle settimane passate il partito di Di Pietro è andato avanti fino all’8, 5% ( 10 giugno 2010), mentre il 28 giugno è andato indietro: al 5,0%, la volta scorsa, il 22 giugno, era al 5,5%. Le ultime vicende giudiziarie hanno influito negativamente su Di Pietro che si considerava un cavaliere senza macchia. Ma ha inciso anche il fuoco amico che lo ha colpito massicciamente. Quelli del Fatto e MicroMega non si sono risparmiati a sparargli contro.

Agli occhi dell’opinione pubblica, non è più il moralizzatore della vita politica nonché il severo fustigatore della casta. Anche perché sull’affaire case, lui stava dentro, vero o no, come un topo nel formaggio. E, comunque, non ha più le carte in regola per salire in cattedra e dare lezioni di moralità. Dai sondaggi si capisce chiaramente che gli elettori gli stanno voltando le spalle. Pure la Lega Nord ha subito il medesimo processo regressivo: dal 14,5 %( 10 giugno) è passata al 13,0%(22giugno) e lì si è attestata( 28 giugno).

La Lega dovrà cambiare narrazione e dovrà posizionarsi politicamente in modo diverso. Le sparate da osteria lasciano il tempo che trovano. Per accontentare una piccolissima minoranza, ha scontentato la stragrande maggioranza degli italiani. Confermandosi così partito regionale, non con vocazione nazionale, sennò si comporterebbe in modo diametralmente opposto.

Gli esponenti leghisti hanno detto, ultimamente, di tutto e di più: sulla Padania, sul tricolore, sull’inno nazionale e sulla squadra di calcio impegnata, in Sud Africa, prima della sua mancata qualificazione. Sia chiaro che in quella stragrande maggioranza degli italiani ci sono elettori leghisti, che hanno storto il naso. E, infine, lo stato maggiore del Carroccio non è quello che lascia credere di essere: abbonda in vizi pubblici e privati e scarseggia in virtù. Il leninismo della Lega è solo la versione aggiornata di un partito centralizzato, il cui potere è in mano ad una oligarchia alle testa della quale c’è Bossi.

Il Pdl, invece, secondo gli ultimi sondaggi, è arroccato al 34,0% e non va né avanti né indietro. La sua tenuta sembra granitica di fronte alle continue disavventure: non dovute al destino cinico e baro, semmai ai continui errori di grammatica politica commessi dal suo vertice.

Pure La Destra non si smuove dal suo 2,0%, così l’Mpa dall’0,8%, Sel dal suo 4,0%, Rifondazione e Comunisti italiani dall’1,8%, Lista Pannella – Bonino dall1,5%. Finalmente i Verdi fanno l’1% pieno, avendo la scorsa settimana l’0,9%. Gli altri sono scesi dal 2,0% all’1,7%.

Ma cosa succede dalle parti del Pdl, dove è di moda stare a letto con il nemico? In quanto a simpatia il premier passa dal 46,6% al 46,2%, il Presidente della camera dal 37,0% al 37,3%. In quanto a credibilità: il primo dal 45,6 % al 44,1%, il secondo dal 51,5% al 52,1%. Berlusconi per quanto riguarda l’innovazione non ha rivali, seppure sia sceso di decimali: dal 61,4% al 60,3%, Fini è una frana dal 30,8% al 30,5%.

Per onesta è l’ex leader di An imbattibile: dal 52,6% al 52,8% , mentre il Cavaliere qui zoppica parecchio: dal 26,8% al 26,1%.

Si prende la rivincita sul suo rivale sulla concretezza: Berlusconi va dal 62% al 61,1%, Fini dal 30,6% al 31,4%.

Se Fini decidesse di fuoruscire dal Pdl e, pertanto, gli verrebbe lo schiribizzo di fondare un partito nuovo di zecca, questo oscillerebbe tra il 9,0% e l’11,0%. Idem la scorsa settimana.

In conclusione. Se si votasse oggi, il Pdl vincerebbe senza colpo ferire, pur nelle condizioni non floride in cui si trova. Invece, l’opposizione è in uno stato anoressico, pertanto, ci vorrebbe una forte cura ricostituente, per riprendersi e rilanciarsi. Con questa leadership di largo del Nazareno, non c’è molto da sperare.

In particolare, è il fenomeno Berlusconi che è entrato, in questa settimana, in modo inedito e vistoso, nel cono d’ombra. È un fenomeno reversibile o irreversibile? E’ presto per dirlo. Cosa certa che Berlusconi è in calo su tutti i fronti. Ma il personaggio ha dimostrato in tante occasioni che ha sette vite come i gatti.

VAI ALLE TAVOLE