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La polizia cinese ha arrestato 95 monaci tibetani dopo una rivolta nel monastero di Ragya, in un’area a popolazione tibetana della provincia del Qinghai. Lo scrive l’agenzia Nuova Cina.

Secondo l’ agenzia, i monaci facevano parte di un gruppo che sabato 21 ha dato l’assalto al commissariato di polizia di Gyala, nella prefettura di Guoluo (Golok in tibetano), gia’ teatro in passato di manifestazioni a proteste anticinesi.
Secondo Nuova Cina la polizia ha arrestato sei monaci mentre gli altri sono stati convinti a costituirsi. Nel corso dell’ assalto alcuni funzionari di polizia sono stati ”feriti leggermente”.

Ad innescare la protesta, sempre secondo l’ agenzia governativa, sono state le ”voci erronee” che si erano diffuse sulla sorte di Zhaxi Sangwu, un tibetano arrestato per le sue opinioni politiche che sarebbe riuscito a fuggire dal commissariato di Gyala con la scusa di usare il bagno.
Nuova Cina non precisa quali siano state le ”voci erronee” su Sangwu e aggiunge che ”le ricerche del fuggitivo e dei monaci che si sono uniti a lui proseguono”.

Secondo un sito web di tibetani in esilio, l’uomo che era stato arrestato era un monaco di 28 anni il cui nome tibetano era Tashi Sangpo. Il monaco si sarebbe suicidato gettandosi in un fiume dopo che nella sua stanza erano stati trovati una bandiera del Tibet e del materiale di propagando anticinese.

Il sito, www.phayul.com, aggiunge che il monastero e’ sotto uno stretto controllo della polizia paramilitare cinese dal 10 marzo scorso, anniversario della fuga in India del Dalai Lama, il leader tibetano che chiede una maggiore autonomia per il territorio.

Secondo phayul ”un certo numero” di monaci del monastero di Ragya erano stati arrestati in precedenza. Il sito sostiene che il giovane monaco e’ riuscito ad eludere la sorveglianza dei poliziotti che l’avevano arrestato con la scusa di andare in bagno, e che riuscito a fuggire si e’ buttato nel vicino fiume Machu.