renzi_pallaIl voto amministrativo di primavera oltre a eleggere una importante pattuglia di sindaci, sarà il banco di prova dell’era Renzi così come lo sono state le Europee e le Regionali, prove che ha superato e dovrà continuare a superare finché non sarà eletto. Il Premier poteva tentare di depotenziare la partita di città come Milano e Napoli, ma Roma al voto trasforma la tornata in un decisivo «sondaggio capitale».

La strategia di Zanda, all’apparenza ragionevole del rinvio causa Giubileo, non può rientrare in nessuna narrazione renziana poiché non è possibile negare il voto e quindi siamo già in campagna elettorale. I partiti accendono i motori ma le piazze sono vuote, i circoli chiusi, le bandiere restano arrotolate. La città è stremata gli elettori sono esasperati e sconsolati. Gli apparati, collettori di consenso, saranno i grandi assenti di questa tornata elettorale seppelliti sotto le macerie di mafia capitale. La logica delle coalizioni contrapposte nella forma classica non è più riproponibile perché percepita come criminogena o nel migliore dei casi inadeguata e non più credibile e a votare ci andrà sempre meno gente e chi lo farà presterà maggiore cura rendendosi conto che quel voto sarà capace di condizionare la vita quotidiana. Quindi tutto si gioca intorno ai nomi dei candidati. Insomma, tutto sembra portare ad accreditare la seria possibilità che al Campidoglio possa sedere un sindaco di Cinquestelle che tra le forze in campo appare la più credibile.

E se Grillo potesse candidare Alessandro Di Battista forse si potrebbe chiudere qui la partita, ma le regole di Cinquestelle lo impediscono e se dalle loro primarie uscirà il solito improbabile militante stralunato rischieranno di disperdere questo patrimonio nel confronto duro con gli altri candidati molto agguerriti e già in campo come Alfio Marchini che parte dal 10% e ha saputo creare un profilo credibile e dopo le elezioni è restato in campo con serietà e se riuscirà a non farsi intrappolare dalle logiche di partito potrebbe sfidare i grillini sulla competenza.

Anche Giorgia Meloni ha una storia e un radicamento nella città, ma porta il peso di una tradizione in crisi e l’onere di iniziare un percorso nuovo che sia capace di contenerla. È un leader nazionale, è giovane, è donna ed è naturalmente in sintonia con la pancia di una parte di questa città che forse vuole tornare a crederci.

Il Pd e la Sinistra devono ancora regolare i conti con Ignazio Marino che potrebbe presentarsi al voto ottenendo risultati sorprendenti anche se non certo in grado di riportarlo in Campidoglio ma sicuramente capaci di affondare il Pd e non solo. Il magistrato Sabella è il primo nome che viene alla mente e pare ci stia pensando e se venisse scelto come commissario potrebbe giocare una partita possibile anche perché ha dimostrato di sapere reggere molto bene la prova con i media e rappresenterebbe un antidoto credibile al verminaio di questi mesi e un disincentivo alla presenza di Marino.

Sarà difficile rivedere la coalizione che ha vinto con Marino, inoltre il Pd ha l’ostacolo delle primarie, della minoranza interna e tanti altri problemi. Matteo Renzi sa che su Roma si gioca molto e quindi potrebbe sparigliare, inventarsi un candidato fuori dagli schemi, oppure, alla disperata, cambiare narrazione e giocare su un imbarazzante rinvio magari con una leggina ad hoc. Oltre a ciò la debolezza generale del quadro politico favorisce l’inserimento di outsider di lusso che potrebbero tentare il colpaccio come è successo a Perugia o a Venezia.

fonte: Il Tempo