Gianfranco Fini quest’oggi attraverso un video  lancia i circoli territoriali di Generazione Italia  “ aperta a tutti coloro che hanno una sola presunzione: avere qualche buona idea da mettere al servizio di una buona politica, per migliorare le condizioni del nostro Paese. Una buona politica per garantire che soprattutto i piu’ giovani possano essere valutati in base alle loro capacita’ e ai loro meriti. Una buona politica che garantisca un’effettiva legalita’”.

Sempre questa mattina il Presidente della Camera intervenendo ad  un convegno promosso dalle fondazioni ‘Farefuturo’ e ‘Respublica’ ha rilevato che in questi anni “la cultura del sondaggio e’ divenuta l’unico strumento di strategia politica”.

Per uscire da questa spirale “serve innanzitutto una cultura capace di pensare alle ricadute della politica sulla vita futura, serve una politica rinnovata e strategica. Una cultura libera dalle politiche della paura di cio’ che e’ nuovo, dalla paura dell’altro e dell’immobilismo”.

Fini poi ha richiamato l’importanza dei partiti politici: “E’ importante il ruolo svolto dai partiti politici perché se è vero che i partiti-chiesa sono tramontati in maniera irreversibile è vero anche che oggi hanno la responsabilità importante di fornire ai cittadini gli strumenti per concretizzare il loro impegno  politico attraverso la partecipazione elettorale”.

LA RISPOSTA DI LUIGI CRESPI – CARO FINI, IL NEMICO NON E’ IL SONDAGGIO – L’ultima volta che ho incontrato Gianfranco Fini gli ho detto di non credere nei sondaggi e per uno che li vende sembra una contraddizione di termini, ma solo in apparenza. Non credo nel sondaggio come profezia capace di auto inverarsi, troppo imprecisi e approssimativi. Non credo al sondaggio come strumento di propaganda troppo auto referenziati, quale politico diffonderebbe un sondaggio molto negativo?

I sondaggi non possono sostituirsi alla politica ma ricordiamoci che i sondaggi esistono solo nei paesi democratici, non sono la democrazia ma un suo sintomo. I sondaggi tra marketing e dottrina sociale non sono tutti uguali e sono per loro natura superficiali, sono come una foto, un’ istantanea, dipende dall’obiettivo che inquadra la realtà, che non sempre è obiettivo e riconoscibile non dalle risposte ma dalle domande che rappresentano la cifra con cui i ricercatori o sondaggisti rappresentano quello che “fotografano”.

Io uso sondaggi, ma non sono un totem, rappresentano uno degli strumenti per capire ed interpretare oltre che verificare il flusso articolato della percezione collettiva. Il radicamento territoriale dei partiti articolato nelle sezioni e nelle sue declinazioni locali è stato per decenni il termometro con cui le forze politiche misuravano il proprio rapporto con la società. Una tradizione ottocentesca che ha le sue radici nei soviet leninisti.

Oggi stiamo passando da una società governata dai media ad una articolata e rappresentata da internet, selettiva e spietata, con linguaggi in continua evoluzione e con sistemi di verifica sempre più complessi. Governare il consenso significa sempre di più dare corpo alle domande primarie, che poco hanno a che fare con il futuro, bloccato dalle angosce del presente sempre più ansiogeno e conflittuale.

Parlare di futuro è pericoloso, ci espone e bisogna arrivarci attrezzati da visioni capaci di rappresentare l’evoluzione della società e delle persone senza sedativi o allucinogeni, cosa difficile e che a pochi sta riuscendo e non sempre è garanzia di grande consenso immediato e i sondaggi possono essere lo strumento più idoneo per misurare e verificare il rapporto tra evoluzione e percezione.