Una settimana fa, Emma Marcegaglia ha annunciato il manifesto di Confindustria, quello, per intenderci, con le proposte per salvare l’Italia. E tutti li’ ad aspettare con ansia le parole magiche capaci di portare l’Italia fuori dal tunnel (non quello della Gelmini pero’). Dopo sette giorni, ecco i 5 punti: riforma fiscale, infrastrutture, privatizzazioni, liberalizzazioni, pensioni. Esattamente gli stessi 5 punti che avremmo potuto raccogliere in un bar di Quartoggiaro o di Centocelle.

Quindi, secondo la Marcegaglia, cio’ che serve a salvare il Paese, si riduce ad un trito e ritrito elenco di cose vecchio e gia’ sentito. Senza alcun riferimento a come farle. E fin qui, nel Paese in cui tutti piu’ o meno si divertono a fare “accademia”, nulla di cui stupirsi. La cosa grave, pero’, e’ che tra le 5 cose che secondo la presidente di Confindustria servono a salvare l’Italia, non ce n’e’ neppure una che debbano fare gli industriali. Insomma, la Marcegaglia, come una maestrina impettita, ha impartito il compitino agli altri. Se voleva fare un’operazione pubblicitaria, i miei piu’ sentiti e sinceri complimenti: c’e’ riuscita alla grande. Tutti li’ a pendere dalle sue labbra per oltre una settimana.
Un’ultima cosa. Il manifesto di Confindustria e’ stato sottoscritto anche dalle banche. Le quali, al pari della stessa Confindustria, si sono ben guardate dal dirci cosa potrebbero fare loro per il Paese. E loro, di responsabilita’ in questa crisi ne hanno certamente parecchie.