Tante sono le persone che si trovano nella stessa paradossale situazione di Ambrogio. Tanti sono gli innocenti che sono – o sono stati – in carcere senza che nessun tribunale li abbia condannati. Tra questi c’è  Giorgio Magliocca, detenuto per otto mesi in carcere e per due mesi e mezzo ai domiciliari, per concorso esterno in associazione mafiosa per poi essere assolto con formula piena perché “il fatto non sussiste”. In un’intervista a Clandestinoweb, Magliocca racconta la sua storia.

MAGLIOCCA: IO COME CRESPI, 8 MESI IN CARCERE DA INNOCENTE

Giorgio Magliocca ha 37 anni, una moglie, due figli. Una vita spesa per l’impegno politico, per la lotta alla camorra e all’illegalità. Giorgio Magliocca un giorno di due anni fa è stato arrestato, accusato di essere colluso con quel mondo che lui stesso ha cercato di combattere. La sua storia ha tante cose in comune con quella di Ambrogio Crespi, detenuto nel carcere di Opera da oltre tre mesi per un reato che non ha commesso. Abbiamo intervistato Magliocca che ha scelto di raccontarci la sua vicenda, assurda.

Quando comincia il suo incubo?

L’11 marzo del 2011 mentre ricoprivo il ruolo di sindaco del mio comune Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, dopo essere stato consigliere provinciale del Pdl, dopo quindi 10 anni di duro lavoro politico caratterizzato dalla lotta alla camorra, vengo tratto in arresto con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Sono stato accusato di aver incontrato un boss, alla vigilia delle elezioni del 2006, con il quale avrei stipulato un accordo politico-mafioso per il quale lui mi garantiva dei voti e io in cambio gli avrei consentito di continuare a gestire dei beni confiscati. Secondo l’accusa io avrei avuto degli incontri di persona con questo boss, che avrebbe contattato personalmente gli affiliati e dispensato, sempre lui in persona, miei volantini elettorali.

E poi?

Dopo 8 mesi di carcere e due e mezzo di domiciliari si scopre, nientedimeno che, il boss – con il quale io avrei avuto contatti personali – era al 41 bis dall’ottobre del 2004 a luglio del 2007. C’è voluta la Cassazione che ha annullato il provvedimento cautelare affermando che non c’erano i presupposti per carcerazione preventiva. Poi, avendo scelto il rito abbreviato perché non avevo nulla da temere, il 20 febbraio del 2012 sono stato assolto con la più ampia formula: “il fatto non sussiste”. “Il fatto non sussiste” vuol dire che i fatti per cui io sono stato privato per dieci mesi della mia libertà non si sono mai verificati, non esistono, non sono mai esistiti.

Dove è stato detenuto e in che condizioni?

Sono stato prima a Santa Maria Capua a Vetere per 24 giorni e poi sono stato spostato perché ho ricevuto delle minacce da esponenti malavitosi: io ero percepito come un sindaco anticamorra. Così sono stato spostato in via precauzionale ad Avellino. Lì per 4/5 mesi sono stato in una cella da solo e poi con un’altra persona. Le condizioni sono pietose, io ho più volte denunciato che non ci sono i servizi essenziali: la cena viene servita alle 15.30, le ore d’aria di riducono a mezz’ora, alcune celle erano occupate da 7/8 persone quando potevano contenerne al massimo 4, i bagni erano utilizzati anche come cucina. Poi, oltre i problemi igienico-sanitari, c’erano quelli di convivenza tra le persone. Io dico sempre questa cosa: se la democrazia di un Paese si misura andando ad analizzare le criticità di questi ambienti, l’Italia non può essere catalogata tra i Paesi civili e democratici.

Lei è un politico, che trattamento le hanno riservato i giornali?

Quando sono stato arrestato c’è stato ovviamente un clamore mediatico, esagerato anche dal fatto che ero anche un collaboratore del sindaco di Roma, quindi la mia vicenda è finita su tutte le prime pagine dei quotidiani. Quando poi sono stato assolto c’è stata poca considerazione. Quello che voglio sottolineare è che io ho subito tutto questo per il mio impegno politico per il mio partito, per il mio comportamento, per la mia lotta alla camorra, per il mio impegno nel restituire i beni confiscati della criminalità alla comunità e alle associazioni. Questa storia è stata inventata dalla camorra per togliere di mezzo un uomo scomodo. Il mio rammarico adesso è che, nonostante il mio caso sia esemplificativo – oltre che della malagiustizia – anche di come la camorra possa eliminare delle persone senza le armi, il mio partito in questa fase di presentazioni delle liste mi ha completamente dimenticato. Sono stato contattato da tutti gli altri partiti anche di visione opposta, ma il mio partito ha fatto finto di non ricordare. La mia battaglia adesso è sulla condizione delle carceri italiane e sull’abuso della carcerazione preventiva che è un’inciviltà massima: senza prove e senza condanna, senza essere colpevoli, si è privati delle propria libertà, una cosa che succede solo in Italia. Io adesso mi batto per sensibilizzare in primis il mio partito, il Popolo della Libertà.

Lei è padre di due bambini, come ha subito questa situazione la sua famiglia?

E’ stata durissima perché mia moglie era una precaria della scuola con il rischio di perdere il posto di lavoro; i miei figli avevano all’epoca 5 mesi e 7 anni e ovviamente il mondo le è cascato addosso. Non si riusciva a vedere uno spiraglio di speranza. Devo dire che mia moglie è stata fortissima, è riuscita a creare attorno ai bambini una campana, loro non sanno nulla, forse. Certo otto mesi in cui il padre non c’era, in cui potevano sentirlo a telefono solo per 10 minuti il giovedì. Io per fortuna ho avuto vicino a me una famiglia fantastica e anche amici, amici di partito. Chi è in carcere soffre moltissimo, figuriamoci chi è in carcere per un’ingiustizia: si può impazzire. Solo l’affetto e la forza della famiglia e degli amici può dare la voglia di continuare a combattere e a non mollare. Poi per chi come me ha sempre impostato la vita in un certo modo all’insegna dell’ordine e della legalità il concorso esterno in associazione mafiosa è un reato e un’accusa infamante.

Chi le è stato vicino?

Ho sentito vicino a me anche la solidarietà dei miei concittadini che non hanno mai creduto a questa accusa. Anzi, quando sono stato assolto, centinaia di persone si sono riunite in strada sotto casa mia per festeggiare. Però stare 24 ore rinchiuso in una cella di 7 metri quadri senza contatto esterno non ti fa percepire nemmeno la solidarietà che si crea attorno a te. Si è come un morto che osserva la vita che continua, io mi sono aggrappato alla fede, ho pregato molto. Scrivevo tutti i giorni alla mia famiglia, ho ricominciato a studiare, poi essendo avvocato dovevo farlo, questo mi ha aiutato.

Certo da avvocato la cosa deve essere stata ancora più pesante.

Sì e da allora osservo con più attenzione l’utilizzo della carcerazione preventiva. Leggo più ordinanze ed è per questo che ho avuto modo anche di leggere di Ambrogio Crespi. Ho letto le sue accuse e non c’è niente che possa tenere ancora questo ragazzo in carcere. E’ vergognoso che in Italia succeda questo, comprendo che il 41 bis fa scattare automaticamente il criterio della pericolosità, ma ci sono anche dei criteri precisi che valutano la pericolosità di una persona e sinceramente non mi sembra che Ambrogio sia una persona pericolosa. Io credo che chiunque abbia il diritto di difendersi da persona libera.

Sicuramente lei, più di chiunque altro, può comprendere cosa sta passando Ambrogio.

Comprendo e solidarizzo dal punto di vista umano perché ci sono passato anche io in questo forno. Ma rimango sconvolto anche da un punto di vista tecnico-giuridico, ormai mi ritengo un esperto sul campo del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, ho letto le carte e parte del fascicolo di Ambrogio e posso dire che è assurdo che sia ancora lì in via preventiva. Anche io ho presentato tre richieste di scarcerazione e mi sono state rigettate tutte, è dovuta intervenire la Cassazione per liberarmi.

Cosa si sente di dire adesso ad Ambrogio?

Che deve continuare ad avere fiducia nella giustizia di questo Stato, che nel suo ordinamento ha i suoi anticorpi. Ci sarà un giudice, un collegio, che riconoscerà la sua innocenza.

Lei crede ancora nella giustizia italiana?

Come faccio a non crederci? Sono stati dei giudici con la G maiuscola che mi hanno salvato e hanno capito l’errore.

Si parla molto di responsabilità civile dei giudici.

E’ giusto, i giudici hanno nelle mani la vita delle persone e quando si individua una colpa grave o un dolo nell’atteggiamento di indagine penso che lo Stato debba rivalersi nei loro confronti come avviene con tutte le professioni.