Dopo l’articolo del 27 novembre scorso, Marco Del Ciello torna nuovamente a parlare del caso di mio fratello Ambrogio Crespi, da 87 giorni ingiustamente detenuto nel carcere di Opera. Questa volta lo fa con un articolo pubblicato su Lettera Politica, che riporto di seguito.

Caso Crespi e i mali della giustizia

MARCO DEL CIELLO

Ambrogio Crespi, fratello del noto sondaggista Luigi Crespi, è uno degli oltre 26.000 detenuti in attesa di giudizio che le nostre sovraffollate carceri ospitano in questo momento. È stato infatti arrestato il 10 ottobre scorso con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito dell’inchiesta della procura di Milano che vede come principale imputato l’ex assessore regionale lombardo Domenico Zambetti (PdL), e da allora si trova recluso nella sezione di massima sicurezza del carcere di Opera.

L’ACCUSA. Secondo i pubblici ministeri del caso, Crespi avrebbe aiutato la criminalità organizzata a comprare ed estorcere voti di preferenza per Zambetti durante le elezioni regionali del 2010, ma l’accusa nei suoi confronti si regge esclusivamente sulle intercettazioni di esponenti di secondo piano della ‘Ndrangheta che lo nominano durante le loro conversazioni.

SCARCERAZIONE RIFIUTATA. I suoi avvocati, Giuseppe Rossodivita e Marcello Elia, hanno presentato nel corso di questi mesi diverse prove per smentire il contenuto di queste intercettazioni, e tra queste prove anche una perizia sui flussi elettorali eseguita dal direttore del Centro Italiano Studi Elettorali della LUISS Roberto D’Alimonte, ma il Tribunale del Riesame ha rigettato per ben tre volte la loro richiesta di scarcerazione.

IN CELLA IN ATTESA DEL PROCESSO. Anche se la procura dispone solo di pochi e deboli indizi nei suoi confronti, Crespi rimane dunque in cella in attesa che cominci il processo, lontano dalla moglie e dal figlio. Nel frattempo il fratello Luigi e i suoi amici hanno avviato una campagna di comunicazione per cercare di rendere nota all’opinione pubblica la sua vicenda e hanno aperto sul sito www.ambrogiocrespi.it una raccolta firme che ne chiede l’immediata liberazione. Campagna che, nonostante l’adesione di alcuni nomi noti della politica e del giornalismo, non ha però finora sortito gli effetti sperati. Va ricordato che, per un’amara coincidenza, Ambrogio Crespi è dal 2006 direttore del quotidiano on line ClandestinoWeb, testata che si è sempre distinta per lo spazio riservato ai problemi del carcere e della giustizia.

LA CARCERAZIONE PREVENTIVA. Questa storia di detenzione senza processo può sembrare ai non addetti ai lavori un caso eccezionale e aberrante, ma è invece più comune di quanto si possa pensare. I detenuti in attesa di giudizio sono infatti oltre 26.000 e rappresentano circa il 40% della popolazione carceraria, contro una media europea del 25%.

UNA CONDIZIONE PARADOSSALE. La loro condizione è paradossale: in primo luogo, e a differenza di quanto accade in altri Paesi, condividono in tutto e per tutto le condizioni di vita (e di morte) dei condannati in via definitiva, stesse strutture fatiscenti e stesso sovraffollamento, con tutto quel che ne consegue in termini di condizioni igieniche carenti e di difficoltà di accesso a cure mediche adeguate.

UNA PENA SCONTATA IN ANTICIPO. Di fatto scontano la pena in anticipo, quando secondo la Costituzione e le leggi sono ancora innocenti, e il giorno della condanna coincide spesso per loro con il giorno della libertà. In media, uno su due viene infatti assolto e rimandato a casa con tante scuse e, qualche volta, un risarcimento economico. Ma anche coloro che alla fine vengono condannati scoprono in molti casi di aver già trascorso in carcerazione preventiva più tempo di quello previsto dalla loro pena e quindi vengono liberati subito dopo la sentenza. Dietro le aride statistiche ci sono però persone in carne e ossa come Ambrogio Crespi e tanti altri più o meno noti, storie di famiglie divise e di carriere bruscamente interrotte che la giornalista Annalisa Chirico ha raccolto in un volume di recente pubblicazione (Condannati preventivi. Le manette facili di uno Stato fuorilegge, Rubbettino, 2012).

LE CONDIZIONI PER LA CUSTODIA CAUTELARE. Chirico con il suo libro ci ricorda anche che il codice di procedura penale considera la carcerazione preventiva, o per meglio dire la custodia cautelare, come una misura estrema e infatti stabilisce criteri molto restrittivi per la sua applicazione: presenza di gravi indizi di colpevolezza, pericolo di fuga o di inquinamento delle prove o ancora di reiterazione del reato. Prevede inoltre misure di controllo alternative al carcere, come gli arresti domiciliari o il cosiddetto braccialetto elettronico, eppure la proporzione dei detenuti in attesa di giudizio si mantiene costante nel tempo.

L’ABNORME LUNGHEZZA DEI PROCESSI. La causa principale di ciò è l’abnorme lunghezza dei nostri processi penali, già oggetto di numerose condanne delle istituzioni italiane da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma anche l’uso distorto che alcuni magistrati fanno di questo strumento. Lascia quantomeno perplessi vedere, ad esempio, imputati che dopo aver confessato il loro crimine vengono immediatamente rilasciati in attesa del processo, mentre chi protesta con coerenza la propria innocenza come Crespi può trascorrere anche anni in carcere in attesa di una sentenza. Come se il carcere fosse uno strumento per sollecitare confessioni e non per salvaguardare le indagini, come dice la legge.

IL TRISTE CASO DI ENZO TORTORA. Il ricordo della triste vicenda del presentatore televisivo Enzo Tortora, accusato di reati gravissimi e ingiustamente detenuto, dovrebbe essere sempre vivo nella memoria degli operatori del diritto del nostro Paese, ma guardando lo stato in cui versa l’amministrazione della giustizia sembra che nei quasi trent’anni che ci separano da quei fatti poco o nulla sia cambiato. Sperando che in futuro la RAI non debba dedicare una fiction in prima serata anche al «caso Crespi».

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