Si è svolta oggi a Roma presso la sede del Partito Radicale, la conferenza stampa sul caso di mio fratello Ambrogio Crespi, detenuto da 81 giorni in custodia cautelare presso il carcere di Opera con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Alla discussione sul tema “Uso o abuso dello strumento della custodia cautelare in carcere? Un esame ragionato degli elementi a disposizione della magistratura milanese e una riflessione sull’uso patologico della custodia in carcere in Italia” insieme a me, hanno partecipato Marco Pannella, Giuseppe Rossodivita (membro del collegio difensivo di Ambrogio Crespi) e Rita Bernardini.

Mio fratello Ambrogio ha compiuto una scelta: il rifiuto delle semplificazioni, di vie d’uscita. Ha preferito piuttosto uscire dal quartiere in cui è nato, cercando di avere successo senza scorciatoie. Ma Ambrogio riteneva che questo successo che abbiamo ottenuto andava condiviso. Ha sempre aiutato, ma chiedendo di rinunciare al “male”, così lo ha definito. Si è sempre battuto per essere un’alternativa all’illegalità e quando una vicenda come questa ti colpisce ti travolge entra nella tua famiglia capisci che le cose importanti per cui combattere sono quelle per cui lui combatteva. Siamo di fronte a un sistema completamente oppresso da gerarchie determinate dall’urgenza e non dall’importanza. Ambrogio oggi è un simbolo, attraverso di lui si dà voce a quelle migliaia di persone a cui noi ci rassegniamo a dare ingiustizia.

“C’è materiale sufficiente per tenere in prigione un presunto innocente? E’ necessaria la custodia cautelare in questo caso?” ce lo chiediamo noi e se lo chiede l’avvocato Giuseppe Rossodivita, insieme a Marcello Elia membro del collegio difensivo di Ambrogio Crespi. “L’impressione è che dobbiamo ascrivere ai magistrati milanesi un riflesso di dover difendere la propria indagine di dover stare attenti. Eppure, siccome la custodia cautelare serve ad altro e il processo penale deve avere i suoi percorsi, ritengo di poter dire che ancora una volta ci troviamo di fronte a uno di quei casi in cui la libertà personale viene ristretta in assenza degli elementi richiesti dal codice”.

Come ha ricordato in conferenza Rita Bernardini in Italia viviamo una “anomalia per cui nelle nostre prigioni il 42% dei detenuti è in attesa di giudizio; di questi, ben 14.000 sono in attesa di primo giudizio, dato abnorme rispetto alla media dei paesi Europei (dove – nell’Europa a 46 – è attorno al 25%)”.

A lei si è unito Marco Pannella: “In Italia non vige la minima norma, vige semplicemente lo stato brado, sentimenti e risentimenti individuali senza aiuto di cultura”.”Per la Boccassini, l’unico fatto che sussiste è quello di avere inchiodato “il sondaggista di Berlusconi”. La verità scompare”. Pannella fa riferimento al fatto che la pubblicistica nazionale ha attribuito ad Ambrogio Crespi una qualifica, quella di sondaggista di Berlusconi, che a lui non compete, e che è, semmai attribuibile, come attività ormai conclusa, al fratello Luigi. “Quando non c’è diritto non ci sono valori non c’è democrazia, tutti impazziscono. Buona parte dell’attuale classe dirigente costantemente si applica a violare qualsiasi sospetto di esigenza di legalità. Si va in galera sempre di più perché si è colpevoli di essere l’anello debole della loro catena” conclude Pannella.

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