In un nuovo articolo uscito sul Corriere della Sera, il giornalista Luigi Ferrarella torna a parlare del caso di mio fratello Ambrogio Crespi, ingiustamente detenuto nel carcere di Opera da ormai 57 giorni. Lo riporto di seguito.

Lombardia, l’ex assessore: non comprai voti

Zambetti: diedi ai clan 50.000 euro presi dal mio salvadanaio

Il salvadanaio dell’assessore regionale di Formigoni. Uno di quei classici «porcellini» tenuti in casa, dal quale attingere parte dei contanti pagati alla ’ndrangheta con i risparmi giudiziosamente accumulati persino facendo economia su 3 pacchetti al giorno (15 euro) di ripudiate sigarette: per quanto possa apparire bizzarra, è anche questa la fonte dei 50.000 euro che Domenico Zambetti, ex assessore pdl alla Casa arrestato il 10 ottobre con l’accusa di voto di scambio, concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione aggravata, ha ammesso – a fronte dei 200.000 euro sostenuti dai pm – di aver versato a Eugenio Costantino e Pino D’Agostino, i portavoce delle cosche calabresi che per i pm Giuseppe D’Amico e Ilda Boccassini gli avrebbero veicolato 4.000 voti.

Ma Zambetti, difeso da Ezio Cusumano e Corrado Limentani, è irremovibile nel rimarcare che con i contanti del salvadanaio non ha comprato i voti dei clan (tesi dell’accusa) prima delle regionali della primavera 2010; ma è stato costretto a pagare dopo le elezioni, 20.000 euro nel gennaio 2011 e 30.000 in marzo, non per i voti ma solo perché terrorizzato dalle minacce che i due calabresi, all’inizio presentatisi come sostenitori della campagna elettorale, da settembre 2010 avevano cominciato a rivolgere a lui e alla sua famiglia, pretendendo il rispetto di un accordo elettorale (denaro in cambio di voti) che Zambetti giura di non aver mai stipulato.

Novità arrivano anche da Ambrogio Crespi, il sondaggista (fratello del più noto Luigi) arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa nell’ipotesi (ricavata da intercettazioni tutte tra altri indagati, tranne una con lui) che abbia convogliato a favore di Zambetti, su richiesta dei clan, molti voti raccolti «in una decina di condomìni» (stando alle intercettazioni) e «nel quartiere di Baggio», come prospettato dal pm davanti al Tribunale del Riesame. I suoi avvocati Marcello Elia e Giuseppe Rossodivita, infatti, hanno incaricato un grande esperto di flussi elettorali come il professore Roberto D’Alimonte di esaminare il voto lombardo 2010. E il politologo del Cise, commentatore del Sole 24 Ore, ha rilevato che uno dei risultati peggiori di Zambetti è maturato proprio nella zona dei quartieri Baggio-De Angeli-San Siro.

Sempre la perizia di D’Alimonte conclude che non c’è alcuna correlazione tra il risultato elettorale di Crespi, candidato sindaco a Milano nel 2006, e la crescita di voti di preferenza di Zambetti alle regionali 2010: crescita che, da un punto di vista statistico, il professore attribuisce non a exploit personale di Zambetti ma al suo passaggio in liste più forti che su lui trasferirono i propri voti.

I legali formulano una istanza di scarcerazione al gip anche sottoponendogli una diversa trascrizione di una parola intercettata («ti ricordi quando avete parlato per quelli»; o «per que…»; o «per cheddi »;). E ravvisano, in una serie di smentite fattuali (seppure su aspetti collaterali) a quanto asserito al telefono o in auto dagli ’ndranghetisti intercettati, il segno che costoro avrebbero millantato, per accreditarsi l’uno con l’altro, rapporti con Crespi in realtà inesistenti al di là di superficiali conoscenze.

Luigi Ferrarella

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