Sono sempre stato critico rispetto alle campagne di comunicazione del Partito Democratico: a cominciare dal verdolino: “Si può fare” di Veltroni fino all’ultimo bianco e nero di Bersani. E’ il tentativo disperato di affermare un leader che non c’è e che non è riconosciuto nemmeno da tutto il suo partito. La scelta di non mettere il primo piano del viso, ma di tutto il corpo, seduto, ammiccante, con le maniche rimboccate, ci offre una personalizzazione che non è sostenuta da una personalità, usando la comunicazione pubblicitaria in modo totalmente slegato dalla realtà.

Quindi il soggetto e la sua realizzazione sono una forzatura che ha come obiettivo quello di rafforzare Bersani e non certamente il partito. Gli script poi, sia quello sulla disoccupazione, sia quello sulle tasse sono banali e mi ricordano tanto la campagna della Ferilli “Beato chi se lo fa il sofà” e quando il messaggio da semplice diventa banale produce quasi sempre un effetto contrario. Non esce dal proclama di denuncia: “le tasse sono aumentate, manca il lavoro”, evoca un impegno generico, non indica soluzioni, progetti, visioni e leggendolo sembra che parli ancora di Berlusconi, non uscendo da un’ossessione che sempre di più diventa emulazione. Nel Pd non mancano solo le idee, la forza di rappresentarle e la capacità di costituirsi alternativa, ma ormai manca anche la capacità di rappresentarsi, di esistere, se non all’interno di un micro cosmo che appare sempre di più la brutta copia di un passato. La verità è che i D’Alema, i Bersani, i Veltroni e tutti i loro emuli e colleghi sono sopravvissuti a sè stessi e con la presunzione di essere i migliori si sono coperti di ridicolo e se il popolo della sinistra non avrà il coraggio di cacciarli mai si potrà tornare a sperare di riconnettere la sinistra con il futuro.