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Da aprile, quando è scoppiato il caso veline, Silvio Berlusconi è stato protagonista di una gestione della comunicazione delirante e piena di errori.

Qualcuno si ricorderà che per qualche anno mi sono occupato della comunicazione del Presidente del Consiglio e devo dire in tutta onestà di avere imparato molte delle cose che oggi sono patrimonio delle mie competenze, al punto da definire senza imbarazzi Berlusconi e Funari due grandi maestri.

Ma tutto quello che ho visto, fatto ed imparato tra il 1997 e il 2002 è stato tradito dallo stesso Berlusconi in questi ultimi 6 mesi in cui il Premier ha fatto quasi un errore al giorno, facendo sembrare tutto estemporaneo, casuale, governato dall’emotività, frutto di una reazione mai ragionata, mai ponderata: dalla famosa puntata di Vespa dedicata a Veronica fino all’utilizzatore finale, passando dalla rispostaccia al giornalista di El Pais fino agli insulti a Rosy Bindi, solo per citare alcuni passaggi che non possono rispondere ad una strategia di comunicazione.

Se poi andiamo a vedere i risultati ottenuti sulla stampa estera allora c’è da mettersi le mani nei capelli perché se la risposta è “il bombardamento mediatico” della Brambilla non c’è da meravigliarsi se Berlusconi è diventato lo zimbello non di pericolosi fogli estremisti ma di giornali come il Time o come Le Figaro i quali aspettano da mesi di poterlo intervistare e di entrare in relazione con lui.

Berlusconi non riesce ad interpretare la comunicazione di governo, mantiene un tono antagonista e da opposizione arrembante, ha bisogno del “nemico” come se fosse incapace di comunicare in positivo.

Inoltre la sua comunicazione è sempre più ego centrata e ossessiva, si parla solo di lui e dei suoi problemi centro del mondo e dell’universo con una rappresentazione che spesso lo rende ridicolo quando si spinge in azzardi competitivi e comparativi.

Il bisogno bulimico di auto incensarsi pare compensativo di un idee tutta sua: che non gli venga riconosciuto dall’universo mondo il suo reale valore.

Certo, obbietterete che i sondaggi, anche i miei, gli danno risultati strepitosi e questo è un fatto, ma sono il frutto di una dinamica del mercato della politica e determinati non solo dalla sua azione mediatica ma anche politica e le vicende dei rifiuti di Napoli e dell’emergenza in Abruzzo pesano nella formazione dell’opinione pubblica per sua fortuna molto di più delle sua improvvide sparate.

Ma questi risultati sono determinati anche dai suoi competitor che rappresentano il punto di massima forza del suo consenso, infatti è chi si oppone a Berlusconi, da Franceschini a Di Pietro, che rappresenta il contributo più consistente del suo successo.

Oggi cosa sarebbe Berlusconi senza Brunetta o Bertolaso? La domanda è legittima soprattutto se la proiettiamo nel futuro, perché come ripeto spesso in politica gli spazi vuoti si riempiono rapidamente e Berlusconi non può contare per sempre sull’inadeguatezza dell’opposizione e in una fase in cui il suo ciclo si sta esaurendo deve porsi la domanda di come la storia lo rappresenterà e di come racconterà questi anni che lo hanno visto protagonista.

Mi pare che a questo pensi poco e non c’è dubbio che il rischio di sovraesposizione e di annoiare il pubblico sia ormai imminente e potrebbe manifestarsi con una delusione collettiva esattamente come è accaduto alla fine della legislatura 2001/2006.