Come pubblicitario, non mi sarei mai sognato di presentare una qualsiasi forma di promozione o pubblicità alla Barilla o nella declinazione di tutti i suoi prodotti che avesse al centro dinamica di famiglia diversa da quella classica.

Trenta anni di posizionamento hanno fatto di Barilla l’archetipo della famiglia tradizionale; chi mangia la pasta Barilla, chi mangia le briochine Barilla, pensa, in modo quasi automatico, rivive l’emozione e l’idea di quella famiglia. Il prodotto è identificato con quello status; se si andasse a produrre una campagna gay friendly, per carità efficacissima per molti prodotti, creerebbe una confusione nel consumatore nel posizionamento emotivo sul prodotto e non aiuterebbe ad aumentare la coscienza civile sulle pari opportunità, non aumenterebbe l’integrazione delle coppie omosessuali, né a far aumentare i diritti. Avrebbe solo l’obiettivo di ridurre la vendita della pasta o delle brioche.

Quindi la discussione su questo tema appare carica di un’ideologia, di un razzismo culturale che è inaccettabile e le parole di guido Barilla sono state lineari. Ha detto: “sono favorevole al matrimonio dei gay, ma non userei mai i gay come testimonial per i miei prodotti.

E avendo non una ragione, ma un milione di ragioni.

E allora l’hashtag non è quello di boicottare la pasta Barilla; anche la battaglia culturale per l’emancipazione dei diritti deve fare a meno dei cretini e di cretinate su questa vicenda ne ho sentite veramente tante. Quindi esprimo la mia solidarietà e simpatia a uno dei più interessanti imprenditori che ha dimostrato come funziona e si fa la pubblicità in Italia.

E comunque anche Barilla è l’ultima vittima di Cruciani.