papa-francescoMettiamo le cose in chiaro: se Papa Francesco va nella Locride e scomunica i membri della ‘ndrangheta fa un gesto necessario. Perché (dobbiamo dirlo senza ipocrisia), negli anni, il rapporto tra la Chiesa Cattolica e le organizzazioni criminali si è incrociato con condanne pubbliche e connivenze economiche giustificate da una ricerca di redenzione misericordiosa non sempre in buona fede.

Nell’iconografia mafiosa c’è sempre un prete da qualche parte. Di più, nell’affiliazione alle cosche la ritualità religiosa è una caratteristica.

Quindi, quello di Francesco è un gesto che taglia con quel passato ambiguo e opportunista.

Mi sono fatto, però, una domanda precisa: questa scomunica, in termini pratici che cosa vuol dire? Qual è la ricaduta concreta nella vita della comunità cristiana?

Le sue parole, infatti, sono molto più severe dell’anatema che Wojtyla rivolse ai mafiosi, chiedendo loro di redimersi. Francesco li scomunica, dice loro: “siete fuori” dalla Chiesa Cattolica.

A questa affermazione mancano i predicati, i complementi e soprattutto i soggetti. Come si individua un mafioso? Con una sentenza dello Stato, magari in terzo grado, o attraverso un processo canonico? Un mafioso non si definisce in base al suo delitto, perché la mafia è più di un delitto.

I mafiosi sono solo coloro che si autodefiniscono tali? E ancora, la scomunica è estesa anche al concorso esterno in associazione mafiosa?

E’ importante che sia chiaro quale sia il soggetto della scomunica, se essa abbia efficacia reale o si limiti ad essere un vago principio.

Mi aspetto una bolla papale che la definisca, che abbia degli effetti, magari come quella che colpì i Massoni. Sia chiarito se gli scomunicati saranno “vitandi” o “tollerati”. Se per i mafiosi è prevista l’esclusione dai sacramenti o il totale allontanamento dalla Chiesa Cattolica.

Mi chiedo: la scomunica è stata evocata dal Papa perché era adatta al discorso del momento, e poi consentire che le sacche tornino a riempirsi grazie a connivenza, ambiguità e scambio?

Le parole sono importanti, soprattutto se pronunciate dal Papa. E Francesco, in quanto gesuita, sa bene questo cosa vuol dire. Il rischio di tutti è che si sia trattato di una ricerca della parola più efficace, che potesse muovere la pancia della gente, in un momento delicato. Ma un Papa non fa retorica.

Se veramente vuole rompere il velo del conformismo e dell’ipocrisia, se vuole tracciare le anime, se si vuole avventurare in una definizione della disciplina della Chiesa, non vedo cosa ci sia di male.

Adesso, però, alla parola unisca la spada e inizi a tagliare le teste, partendo da quella parte di Clero criminale che ancora si tiene in casa. Perchè in questo modo ha a che fare con il potere, non con la fede.