Obama ha rappresentato una delle novita’ piu’ travolgenti di questo inizio millennio. “Change” era la parola d’ordine della sua campagna elettorale, “hope” era il principale valore messo in gioco. Cambiamento e speranza.

I riflettori erano puntati, dopo l’appoggio di Al Gore, sui temi dell’ambiente e, ancora piu’ addentro, sulle questioni dell’energia. Un impegno responsabile che non vedesse al centro i guadagni di pochi a discapito delle future generazioni. Come del resto la riforma sanitaria, che avrebbe dovuto togliere dallo scaffale dell’economia il mercimonio sulla salute della gente. E poi la pace, come strumento di diffusione di massa della democrazia e come modello di sviluppo. E fu sufficiente evocarla con convinzione perche’ proprio a lui fosse assegnato, sulla fiducia, un premio Nobel per la Pace. E solo per concludere, la centralita’ dei diritti umani e personali che avrebbe dovuto essere prevalente sui conti economici e sui calcoli di partito.

Cambiamento e speranza o speranza in un cambiamento. Gli Stati Uniti oggi sono affossati nella loro credibilita’ da Wikileaks. Un cambiamento che non si è inverato: i fronti di guerra si sono moltiplicati, la poverta’ è aumentata, i diritti non si sono espansi. Sempre al giogo delle multinazionali, sempre nelle mani di pochi a discapito dell’interesse di molti.

Obama ci ha fatto sperare sognando, ma è un’altra delle delusioni tra le piu’ cocenti, un inganno, una promessa mancata, un impegno tradito. E lo spot con cui è partito in questa campagna elettorale è teso quasi a cercare giustificazioni e pretesti per un uomo che sa cosa si deve fare ma non è stato capace di farlo. E non è detto che lo fara’ nei prossimi quattro anni che chiede ai suoi elettori. Io di certo non mi aspetto che lo faccia.